La Juventus spera che la Procura Figc non riapra il procedimento dopo essere stata prosciolta a maggio

La Gazzetta dello Sport fa il punto sulla vicenda Juventus che oggi ha depositato la sua memoria difensiva alla Corte federale d’appello.
Scrive la rosea che:
“Il club bianconero confida che la richiesta della Procura Figc di riaprire il procedimento sulle cosiddette plusvalenze dopo il proscioglimento in primo e secondo grado della scorsa primavera, sia rigettata anche sulla base delle motivazioni contenute nelle pagine presentate nei giorni scorsi ai giudici”.
Nella memoria ancora non è stato rilevato il contenuto:
“Ma cosa è contenuto in questa memoria? Dalla Juve non filtrano indiscrezioni, ma la linea difensiva del club bianconero è già nota da tempo, come comunicato anche il 22 dicembre, quando venne resa pubblica la notizia della richiesta della Procura federale”.
Continua la Gazzetta scrivendo che in casa Juve non è cambiato nulla rispetto a maggio, quando tutti i club coinvolti dall’indagine furono prosciolti da ogni accusa:
“Nel comunicato ufficiale della società torinese si ribadiva la convinzione di poter dimostrare davanti alle autorità giudicanti ‘la correttezza del proprio operato, l’assenza di elementi nuovi sopravvenuti rilevanti per il giudizio rispetto alla decisione della Corte federale di appello e la carenza dei presupposti dell’impugnazione proposta’.”
La volontà di difendere a spada tratta la Juve da ogni accusa era emersa anche dalle chiare parole del nuovo presidente, Gianluca Ferrero, dopo l’assemblea che ne ha ratificato la nomina:
“Nelle prossime settimane e mesi ci aspettano delle sfide, per le quali noi come consiglio di amministrazione riteniamo di avere l’esperienza, la competenza, la determinazione per difendere la Juventus e la nostra squadra in tutte le sedi competenti: penale, sportiva e civile. Lo faremo con determinazione, con rigore, anche con pacatezza e senza nessuna forma di arroganza. Abbiamo sempre rispettato, rispettiamo e sempre lo faremo tutti coloro che sono chiamati a giudicarci. Ma vogliamo uguale rispetto per poter discutere con serietà e rigore, nelle sedi competenti, quelle che sono state le motivazioni del nostro agire”.