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Quel che forse abbiamo dimenticato di Gianluca Vialli

Da Rivista Undici. Non gli perdonavano l’essere ricco. I successi e i rapporti controversi con Trapattoni, Sacchi e la Nazionale. Le accuse di doping. La lite con Mazzone

Quel che forse abbiamo dimenticato di Gianluca Vialli
Copyright: imago/Colorsport Gianluca Vialli - Italy 1989/90.

Non sono molti i calciatori che hanno ricevuto un soprannome da Gianni Brera. Un passaggio che segnava l’ingresso in un cerchio superiore, una sorta di Hall of Fame sociale. Il suo era Stradivialli. Brera ci arrivò per passaggi successivi. In principio, lo chiamò Stradivario. Vialli Gianluca da Cremona è sempre stato uno che bucava lo schermo, oltre che le porte avversarie. Difficile stabilire se sia stato più un attaccante forte o più un simbolo della cultura pop italiana a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Anche perché indossava naturalmente la sua diversità. È sempre stato un personaggio fuori dagli schemi tradizionali del pallone nostrano. Sin dal censo. La sua era una famiglia benestante, possiamo anche dire ricca. La villa dei Vialli, a Cremona, era chiamata Castello. Anche se la madre ne era infastidita e smentiva: «Borghesi, ecco che cosa siamo. Diciamo che stiamo bene, non ci lamentiamo di certo. Mio marito lavora e ha cinque figli grandi: come potrebbe essere ricco? Gianluca ha un modo di fare elegante che non dipende dai soldi, ma dalla tradizione di una famiglia della quale fanno parte ingegneri, professionisti e anche un rettore universitario». Un modo di fare elegante, disse la madre. Spesso, ma non sempre. Mazzone ne sa qualcosa, come vedremo. (segue su Rivista Undici)

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