Definire e anteporre un obiettivo di plusvalenze esclusivamente per ottenere un risultato economico finale, non ha alcun fondamento di bilancio
C’è tanto ma tanto materiale interessante nelle motivazioni della Corte d’Appello della Figc alla sentenza che hanno penalizzato la Juventus con 15 punti di penalizzazione.
Dei passaggi sono da scolpire su pietra:
il libro nero di Paratici definito inquietante.
Punto nodale del comportamento della FC Juventus S.p.A. è l’assenza di un qualunque metodo attendibile.
I bilanci della FC Juventus S.p.A. (cui Consob si riferisce) semplicemente non sono attendibili.
Punto nodale del comportamento della FC Juventus S.p.A. è l’assenza di un qualunque metodo attendibile. Come ha ben evidenziato la Procura federale, e come emerge anche dalle sottolineature della stessa Consob a proposito dell’assenza di processi valutativi tracciabili, si giungeva a programmare sistematicamente la realizzazione di plusvalenze prescindendo dall’individuazione stessa del soggetto da scambiare, spesso indicato con una semplice “X” accanto al nome del giocatore della FC Juventus S.p.A. da cedere e ovviamente accanto al numero prestabilito di plusvalenza da realizzare (documenti sequestrati dalla Procura della Repubblica di Torino e presenti nei file n. 733431 e n. 733488). Il tutto, dunque, in un quadro chiaramente sintomatico di una ricerca artificiale di plusvalenze artificiali (come definite dal “Libro Nero di FP”), in alcun modo conseguenza di operazioni di effettivo mercato.
E ciò, benché proprio la FC Juventus S.p.A., nel corso del grado di giudizio di cui alla decisione qui revocata, avesse sostenuto (inattendibilmente a questo punto) che arbitraria fosse la metodologia utilizzata dalla Procura federale (definita una “black box” dalla relazione tecnica denominata “Considerazioni tecniche in merito alle valutazioni dei calciatori effettuate dalla Procura federale”), mentre “i corrispettivi dei calciatori acquistati dalla Juventus si formano ad esito di un processo strutturato interno alla Società. In sintesi, il processo riguarda tre distinte divisioni: la First Team Area, la Football Technical Area e l’Area Scout e si concretizza – oltre che nella fase di scouting del giocatore e di negoziazione con le controparti – nella preparazione e nell’aggiornamento nel tempo di dettagliate schede calciatori, che ne illustrano giudizi e caratteristiche fisiche, tecniche e caratteriali”. Le successive evidenze hanno documentato che, all’opposto, non esisteva alcun processo di valutazione ad opera della FC Juventus S.p.A..
Significativa l’intercettazione del 6 settembre 2021 tra i dirigenti della Juventus Stefano Bertola e Stefano Cerrato (file n. 660969 trasmesso dalla Procura della Repubblica di Torino) nella quale si evidenzia “non c’è un processo documentale, non c’è un pezzo di carta di cui noi possiamo avvalerci, strutturati e spendibili, no? Poi ci potrebbero essere i pezzi degli appunti su pezzi di carta di formaggio ma che io mi guarderei bene dal produrre, no? [il] bilancio è basato su un atto di fede della correttezza di valutazione di una persona che ha firmato un contratto di vendita, però, in parte si ahimè”.
Altrettanto significativa e assorbente, in argomento, è la conclusione cui giunge la stessa Consob nella propria delibera n. 22482/2022, là ove segnala “l’assenza di esiti formalizzati dell’applicazione di detto iter valutativo è stata, peraltro, confermata, nel corso della verifica ispettiva, dalla stessa Società che, con riferimento alle specifiche operazioni di compravendita con la medesima controparte, ha dichiarato che: non è prassi della Società procedere ad una separata, o formalizzata, fissazione degli esiti del processo di valutazione di un giocatore, se non attraverso la sottoscrizione dei contratti relativi all’acquisto o alla cessione dei relativi diritti alle prestazioni sportive”.
Si torna allora a dover sottolineare che se è vero che qualunque plusvalenza derivante da cessione è la conseguenza della contrapposizione tra il valore di cessione e il valore netto contabile del diritto al momento della cessione, è altrettanto vero che proprio il valore di cessione richiede fondamenti logici. Può accadere, per le ragioni più disparate, che si assista ad una operazione atipica, una tantum. Ma non può accadere che sistematicamente sia invertito il processo, come invece emerge dal nuovo quadro probatorio disponibile.
Definire e anteporre un obiettivo di plusvalenze esclusivamente per ottenere un risultato economico finale, senza seguire alcun processo che sia razionale, dimostrabile e che non costituisca “un atto di fede” (come sopra invece ammesso dai responsabili della FC Juventus S.p.A.), non ha alcun fondamento prima logico poi bilancistico. In una simile prospettiva, cade qualsiasi ragionamento economico lecito e cade qualunque formalismo dovendo invece prevalere la sostanza sulla forma (substance over form). Tanto più se le operazioni condotte non vengono adeguatamente e trasparentemente spiegate.
In una simile modalità di comportamento non esiste neppure alcun ragionamento tecnico sottostante, in quanto il criterio guida è raggiungere un obiettivo che nulla ha a che fare con la rappresentazione veritiera e corretta della situazione economico- patrimoniale di una data società. L’attendibilità di un bilancio è cruciale nel fornire informazioni utili agli investitori, attuali e potenziali, ai finanziatori e agli altri creditori, nonché nel supportare i processi decisionali inerenti all’affidamento delle risorse all’impresa. Un simile obiettivo si raggiunge solo con condotte eticamente ed economicamente corrette, che devono escludere plusvalenze “inventate”, cioè non derivanti dall’applicazione di alcun criterio ma solo dalla finalità di modificare (alterandoli) i risultati di bilancio.
Qualunque plusvalenza diventa artificiale ove non vi sia alcun percorso, né sottostante economico. Come sottolineato da Consob, seguendo la logica della FC Juventus S.p.A. si dovrebbe giungere alla paradossale conclusione per cui, in uno scambio di beni immateriali, “[l]e parti potrebbero, infatti, teoricamente concordare qualsiasi valore per i beni scambiati se in definitiva non viene scambiato alcun importo” (pag. 73 della Delibera 22482/2022).
La conseguenza di un simile approccio è un’alterazione ripetuta dei valori di bilancio e del significato informativo dello stesso.
Oggettivamente insussistente e persino ulteriormente sviante è poi la tesi della FC Juventus S.p.A., riportata dai comunicati conseguenti alla delibera Consob 22482/2022, secondo cui proprio con riguardo alle “c.d. operazioni incrociate” la società “precisa che gli eventuali effetti dei rilievi sollevati dalla Consob sarebbero nulli sui flussi di cassa e sull’indebitamento finanziario netto, sia degli esercizi pregressi che di quello appena concluso, mentre sul piano economico e patrimoniale sostanzialmente si azzererebbero a livello cumulato nel corso del quinquennio 2019/2020 – 2023/2024”.
La tesi nega in radice le fondamenta di un qualunque bilancio che, invece, ha per definizione una prospettiva annuale.
Tutte le plusvalenze generano effetti positivi sul bilancio dell’esercizio nel quale si realizzano (plusvalenze) ed effetti negativi (ammortamenti), di pari ammontare cumulato, negli esercizi successivi, di talché l’affermazione della compensazione degli effetti sul piano economico e patrimoniale nel corso degli anni è, per un verso, irrilevante e, per altro verso, inidonea ad attribuire carattere di liceità ad una plusvalenza artificiale. Al contrario, sostenere che in ogni caso gli effetti si compensano nel medio termine, un quadriennio o quinquennio, equivale a dichiarare che i bilanci degli esercizi compresi nell’intervallo temporale di riferimento non sono veritieri, in quanto tutti affetti da operazioni che hanno manipolato la distribuzione temporale dei risultati economici, mancando di qualsiasi rappresentazione della sostanza dei fenomeni economici e non rappresentandone fedelmente gli effetti. Con l’ulteriore precisazione che l’earning manipulation incide, evidentemente, anche sul patrimonio netto della società, rendendone il valore non espressivo.
Esattamente come rappresentato dalla Procura federale nel proprio deferimento e come anche e soprattutto rappresentato da Consob nella propria delibera 22482/2022 ove è chiarito, senza mezzi termini, che il comportamento della FC Juventus S.p.A. comporta la “violazione del principio dell’attendibilità della situazione patrimoniale-finanziaria, del risultato economico e dei flussi finanziari dell’entità previsto dallo IAS 1”.
I bilanci della FC Juventus S.p.A. (cui Consob si riferisce) semplicemente non sono attendibili.
Neppure rileva la circostanza per cui tra la stessa Consob e la Procura della Repubblica di Torino sussistano differenze di contestazione, con una maggiore ampiezza di operazioni ritenute illegittime ad opera di quest’ultima. Ciò, invero, non sposta in alcun modo la rilevanza dei fatti qui richiamati rispetto allo scopo del processo sportivo, fermo che la Corte non ha ritenuto di riqualificare i fatti esaminati ai fini dell’art. 31, comma 2, CGS (e fermo, inoltre, che non sono ovviamente devolute al presente giudizio le operazioni compiute tra la FC Juventus S.p.A. e talune altre società indicate dagli atti della Procura della Repubblica di Torino e non citate dal deferimento ovvero le operazioni definite dalla predetta Procura della Repubblica e dalla Consob come prima e seconda manovra stipendi).
Che si ritenga alterata la formazione di plusvalenze per circa 30milioni di euro (limitandosi alle operazioni con controparti straniere al netto di Pjanic-Arthur) ovvero per oltre 70milioni di euro (contando anche Pjanic-Arthur) o ancora si ritenga corretto aggiungere – come certamente si deve – anche i valori delle tre operazioni italiane citate dalla Consob (Lanini-Minelli, Masciangelo-Brunori e Lamanna-Barbieri rispettivamente con Parma, Novara e Pescara) ed eventualmente l’operazione Audero (con la UC Sampdoria, della quale si dirà), arrivando ad un valore prossimo ai 100milioni di euro, o ancora si voglia semplicemente recepire i dati indiscutibili indicati dalla Consob nella propria delibera n. 22482/2022, non muta il discorso dal punto di vista disciplinare. L’intensità della violazione, peraltro, ad opinione di questa Corte, deve essere misurata rispetto ad un complesso di elementi, dei quali la misura del vantaggio numerico è solo uno dei parametri.
Scopo del processo sportivo, infatti, non è giungere ad una determinazione numerica esatta dell’ammontare delle plusvalenze fittizie, bensì individuare se un fenomeno di tale natura vi sia effettivamente stato, se esso sia quindi sussumibile sotto la fattispecie dell’illecito disciplinare sportivo e, infine, se esso possa essere considerato sistematico – cioè riferito a più operazioni e più annualità – come contestato dalla Procura federale.
La documentazione acquisita dalla Procura federale, direttamente proveniente dai dirigenti della società con valenza confessoria, le intercettazioni anch’esse inequivoche, sia atomisticamente considerate che nel loro complesso, i riscontri ulteriori formati dalla contrattualistica volta a regolare un effetto concreto di permuta non manifestato all’esterno, e le ulteriori evidenze relative ad interventi di nascondimento di documentazione (caso Pjanic) o addirittura manipolatori delle fatture (caso Olympique De Marseille) costituiscono un quadro fattuale che assorbe ogni altra considerazione.
Il vizio di inattendibilità citato dalla Consob (e riferito alla censura di quanto meno dieci operazioni di scambio su più esercizi) è, a sua volta, rilevante in sé.