Tratto liberamente dal testo omonimo dello scrittore russo Aleksandr Grin. La sceneggiatura è di Maurizio Braucci e Maud Ameline. Una produzione italo-franco-tedesca
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Del regista casertano Pietro Marcello avevamo visto già “Martin Eden (2018)” e ci era piaciuto e quindi siamo andati a vedere con aspettative il suo ultimo film – al cinema; in anteprima a Cannes 75° – “Le vele scarlatte”. Ha tratto anche questo liberamente dal testo omonimo dello scrittore russo Aleksandr Grin, facendosi aiutare nella sceneggiatura dallo scrittore Maurizio Braucci e da Maud Ameline (la produzione è italo-franco-tedesca).
Raphaël (Raphaël Thiéry) è un reduce dalla Grande guerra e torna nella sua Normandia rurale: qui ritrova una figlia infante Juliette (da grande Juliette Jouan) – la moglie Marie è morta – e cerca di riprendere la sua vita facendo il falegname. Ma c’è un segreto nella sua vita che spinge Raphaël fuori dalla piccola comunità locale e che lo fa confinare nella sua “corte dei miracoli” ed a questo si aggiunge un mancato salvataggio.
Tra magia e senso artistico – pianoforte – cresce quindi Juliette che cerca di cambiare il suo orizzonte sognando di volare aspettando le sue vele scarlatte. Fino a quando arriva dal cielo un avventuriero Jean (Louis Garrel) che si guadagna da vivere pilotando aerei.
Marcello ha un gusto particolare per queste storie minime di emancipazione – e drammatiche – che riesce a montare privilegiando una fotografia che in molti tratti sembra una luce caravaggesca (Marco Graziaplena ne è il direttore). Sembra quasi che voglia rifugiarsi in quel tempo che non è più ritrovando la dignità di quei personaggi di determinarsi.
Laudator temporis acti o indicatore di una strada di senso in un tempo come il nostro asfissiato dai vacui annunci comunicativi?