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Marotta: «La Juve è il passato. Il sistema Paratici? Non entro nel merito del lavoro altrui»

Al CorSera: «Sogno di entrare in politica da tecnico. Il giocatore più indisciplinato? Vidal, l’uomo dalla doppia vita».

Marotta: «La Juve è il passato. Il sistema Paratici? Non entro nel merito del lavoro altrui»
Ferrara 16/07/2022 - amichevole / Inter-Monaco / foto Image Sport nella foto: Giuseppe Marotta

Il Corriere della Sera intervista l’amministratore delegato dell’Inter, Beppe Marotta. Una chiacchierata in cui il dirigente nerazzurro racconta la sua vita e la sua carriera. Marotta parla della sua famiglia:

«Mia mamma Maria era casalinga. Mio papà Giovanni invece era uomo dello Stato. Prima si è arruolato nella Marina e ha combattuto la Seconda guerra mondiale. Poi è passato al Ministero delle Finanze, precisamente all’Intendenza della Finanze — l’equivalente dell’odierna agenzia delle entrate —, destinazione Varese. Era originario di Messina».

Il calcio, racconta, ha sempre fatto parte della sua vita, sin da piccolo.

«Il calcio ha da subito rappresentato il filo conduttore della mia esistenza. La mia fortuna è stata abitare a 500 metri dallo stadio Ossola e dalle finestre di casa vedevo i campi di allenamento della squadra che ai tempi era in Serie A. Mi affacciavo e mi dicevo: “Un giorno su quel campo voglio entrarci anch’io”».

A 8 anni, Marotta chiese di diventare magazziniere.

«Avrò avuto otto anni. Mi sono presentato davanti alla porta dello spogliatoio e ho chiesto ad Angelino, il magazziniere, di poter assistere agli allenamenti. Lui, dopo aver un po’ tergiversato, ha acconsentito a una condizione. Il patto era che io lo aiutassi a pulire gli scarpini, sgonfiare i palloni, mettere le maglie a lavare. In cambio potevo indossare la tuta del Varese e osservare le sedute. Poi ho fatto carriera: a 11 anni, il 4 febbraio del 1968, sono stato il raccattapalle di Varese-Juventus, 5-0. Un risultato storico, tripletta di Pietro Anastasi».

Marotta racconta i suoi studi, la scuola.

«Dopo le scuole medie, avendo una netta predilezione per le materie umanistiche mi sono iscritto al liceo classico Cairoli, dove tra l’altro si sono succeduti allievi come Bobo Maroni, Mario Monti, Attilio Fontana. Le compagne mi aiutavano con i compiti. Mi ricordo ancora la severità delle professoresse con i camici neri».

Su Maroni:

«Aveva già all’epoca la stoffa del politico, era nel movimento studentesco. Lui, che aveva due anni più di me, veniva a scuola con i quotidiani politici. Io con la Gazzetta. Però eravamo nella stessa squadra di calcio del liceo, con Attila».

Attila era Fontana.

«Fontana, era il suo soprannome. C’era anche Beppe Bonomi, il presidente della Sea. Giocavo da centrocampista, poi a 16 anni ho iniziato la carriera da dirigente. A 19 ero il responsabile del settore giovanile».

A 25 anni diventò presidente del club. Nel 1987 il passaggio al Monza.

A Marotta viene chiesto chi sia il giocatore che l’ha fatto più divertire.

«Cassano alla Samp: ho accettato la sfida di Garrone di gestire la squadra pur in B. In otto anni l’abbiamo portata ai preliminari di Champions. Ma non dimentico Del Piero, Buffon e Ronaldo».

Il più indisciplinato?

«Vidal, l’uomo dalla doppia vita».

La chiamata della Juventus è stata l’apice della carriera? Marotta:

«Per un dirigente che arriva dalla provincia, le grandi squadre, come la Juventus prima e l’Inter ora, rappresentano la realizzazione del sogno di bambino».

È un caso che il “sistema Paratici”, fondato sulle plusvalenze, sia esploso dopo la sua partenza?

«I miei anni in bianconero fanno parte del passato e non posso che avere ricordi positivi. Non entro nel merito del lavoro altrui, penso al mio presente nerazzurro».

Tornerebbe alla Juve se glielo proponessero?

«Sono contento del percorso fatto. All’Inter mi trovo bene e sono concentrato per contribuire a nuovi successi».

A quale trofeo è maggiormente legato?

«Il campionato di B vinto con la Sampdoria, il primo scudetto con la Juventus e il recente con l’Inter».

Non le hanno mai chiesto di entrare in politica? Marotta:

«Certo. E siccome nella vita bisogna sempre avere un sogno nel cassetto il mio è quello di accedervi da tecnico, senza tessera di partito, per offrire il mio apporto in termini di competenza ed esperienza».

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