ilNapolista

Ochoa: «C’è un Ochoa prima e dopo la parata su Neymar. Di me si parlò fino in Cina»

A Sportweek: «Mi è sempre piaciuto fare gol. Sono portiere per caso. Ogni tanto cerco di farmi schierare in attacco nelle partitelle di allenamento».

Ochoa: «C’è un Ochoa prima e dopo la parata su Neymar. Di me si parlò fino in Cina»
Salerno 04/01/2023 - campionato di calcio serie A / Salernitana-Milan / foto Imago/Image Sport nella foto: Guillermo Ochoa ONLY ITALY

Sportweek, settimanale della Gazzetta dello Sport, intervista il portiere della Salernitana, Guillermo Memo Ochoa,
37 anni. L’intervista è precedente alla partita di ieri sera, vinta dal Napoli 2-0 allo stadio Arechi di Salerno. Ochoa dice che la sua vita è praticamente cambiata dopo aver parato il colpo di testa a Neymar, al Mondiale del 2014. Brasile-Messico, Neymar colpì di testa e Ochoa si esibì in un volo da fermo che tolse la palla dall’angolino in cui si stava infilando. Se ne parlò ovunque.

«C’è un Ochoa prima e dopo la parata su quel colpo di testa di Neymar. Di me si parlò fino in Cina».

Mette in fila le migliori parate della sua carriera.

«La migliore forse è stata quella contro la Germania, al Mondiale del 2018, su punizione di Toni Kroos. La più importante fu quella su Neymar: il Mondiale si giocava in Brasile, cioè nel cuore del calcio, io giocavo contro il Brasile, la squadra migliore di tutte. Finì 0-0 e fu la mia vittoria. Dopo, tutto il mondo ha parlato di me e di quella mia parata».

E perché, dopo aver parlato tanto di Ochoa, nessun grande club europeo lo ha preso?

«Mi aspettavo questa domanda. Primo, nessun portiere messicano prima di me ha giocato in Europa: vuol dire che quello del mio Paese non è un mercato molto battuto. Secondo, nessun grande club spende tanti soldi, quanti ne voleva il mio club, l’America, il più importante del Messico, per un extracomunitario che gioca in porta. Anche se io avevo disputato la Libertadores, la Coppa America. I tesseramenti per extracomunitari sono limitati, e si preferisce tenerli riservati per un attaccante o un centrocampista. Ho ricevuto delle offerte importanti, ma per tesserarmi volevano che avessi il doppio passaporto».

Sul suo arrivo alla Salernitana.

«Prima di firmare con la Salernitana avevo guardato la classifica: la squadra era a metà: non può essere scarsa, ho pensato. Poi in partita ho dovuto sbrigare tanto lavoro. Ma sono sicuro che le cose miglioreranno, soprattutto quando, imparata la lingua, comunicherò meglio coi compagni».

Usi i video per studiare gli attaccanti? Ochoa:

«Quando ero giovane lo facevo molto di più. Adesso, con tre figli piccoli, è più difficile. Quando sono a casa dedico a loro il mio tempo. Succede che mi metta davanti alla tv per guardare una partita, ma se loro mi chiamano per giocare, io vado».

Il più forte attaccante mai affrontato?

«Messi. Quando lui prende la palla e si gira, è molto difficile stopparlo. Un altro così è Neymar. Sono diversi da Cristiano: lui è più forte fisicamente, ma con la palla tra i piedi i migliori sono quei due, Messi e Neymar. Prima di loro, Ronaldinho. Quando tirano non sai mai dove piazzano la palla».

Ochoa dice di non sentire il tempo che passa. Gli piacerebbe arrivare a giocare il suo sesto Mondiale.

«Voglio arrivarci perché sarebbe il mio sesto Mondiale, e nessuno ne ha fatti tanti, ma soprattutto perché si gioca in Messico. Ma ho anche altri traguardi: il più importante, giocare in un grande club, uno di quelli che fa la Champions League».

Ma allora ce l’hai, il passaporto comunitario! Ochoa:

«Da tre anni. Ero allo Standard Liegi e avevo avviato le pratiche già in Spagna quando mi chiama il mio vecchio club, l’America, e mi fa un’offerta molto importante. Avevo fatto tanto per giocare in Europa e tornare indietro non era nei programmi, ma non potevo dire di no. Insomma, prendo il biglietto per un volo al lunedì, ma la domenica mattina mi chiamano dalla Spagna il passaporto è pronto. Mi precipito, torno a casa, e il lunedì prendo l’aereo per il Messico. A dicembre, dopo il Mondiale, mi è scaduto il contratto con l’America e ho deciso di ascoltare di nuovo le proposte che arrivavano dall’Europa».

E perché, tra tutte, hai scelto proprio quella della Salernitana?

«Perché è stata una delle prime e non volevo far passare troppo tempo prima di tornare a giocare. E poi perché sono cresciuto guardando la Juve di Buffon e Del Piero, il Milan di Pirlo e Schevchenko… Sono un fan della Serie A. Già al Liegi, tra il 2018 e il 2019, dovevo arrivare da voi mi voleva il Napoli ma il mio allenatore allo Standard, Michel Preud’Homme, un ex portiere tra l’altro, disse no, e il Napoli prese Ospina».

Ti senti un leader? Ochoa:

«Sempre. Ma non sono un leader che parla troppo e male degli altri. E non mi piace fare teatro, il capopopolo, davanti alla gente. Preferisco dare l’esempio nel lavoro e fare gruppo».

Hai sempre voluto fare il portiere?

«No, mi piaceva fare gol. Poi, a 10anni, il portiere della nostra squadretta si fa male durante una partita e l’allenatore dice: Memo, sei il più alto, vai in porta. Mi metto tra i pali nel momento stesso in cui gli avversari devono battere un rigore. Lo paro. Gioco in porta le successive quattro partite, torna il titolare, faccio per riconsegnargli i guanti e l’allenatore mi fa: allora non hai capito, da oggi quello è il tuo posto. Adesso ogni tanto cerco di farmi schierare in attacco nelle partitelle di allenamento».

Cosa ti piace fuori dal campo?

«Viaggiare. Mi piacciono le spiagge. Mi piace la mia casa a Marbella e quella di mia moglie ad Acapulco».

Memo, il Mondiale che non dimenticherai?

«Ovviamente il primo da titolare, in Brasile. In Sudafrica faceva troppo freddo, l’ultimo non è andato benissimo nonostante il rigore parato a Lewandowski. Ma dovrei dire che il mio preferito è il primo in assoluto, nel 2006, perché non avevo pressioni: quella volta ero il terzo portiere».

ilnapolista © riproduzione riservata