Al CorSera: «Gli 8 gol presi dall’Atalanta? Ne ho viste troppe per abbattermi. Voglio dimostrare che il Messico non è solo tequila e narcos».

Il Corriere della Sera intervista il portiere della Salernitana, Guillermo Ochoa, 37 anni. E’ reduce dall’aver preso 8 gol dall’Atalanta, nell’ultima di campionato, ma non si perde d’animo.
«Ne ho viste tante per abbattermi. Dispiace, certo. Ma il calcio è così. Quando cadi così male, ti rialzi e sei ancora più forte. Dopo aver perso 8-2 si può solo migliorare. Non crede!?».
Per quanto lo riguarda, dice di essere a Salerno per aiutare la Salernitana a salvarsi e definisce la Serie A un sogno.
«La serie A è un sogno. Qui sento la stessa passione della mia terra per il futbol, che è vissuto come una religione. Sto bene, di fisico e di testa. Per noi salvarci è come vincere lo scudetto: vogliamo regalare questa felicità»
Parla bene di Nicola, appena reintegrato da Iervolino in panchina: grazie a lui la Salernitana potrà affrontare meglio il Napoli, contro cui giocherà domani pomeriggio.
«Abbiamo una partita dura contro il Napoli insieme a lui siamo più forti».
Ochoa si esprime sui portieri italiani, indica quelli che secondo lui sono fortissimi: Donnarumma, Sirigu e Meret. Ma il più forte del mondo è Buffon.
«La categoria non importa. Gigi è una leggenda, infatti a 45 anni gioca ancora. Un campione infinito. Il mio mito d’infanzia. Se gioco in porta, è per lui».
È vero che Ochoa punta al sesto Mondiale? Nel 2026 avrà 41 anni. Risponde:
«Mi sento in forma, voglio provarci. Si giocherà nel mio Messico, oltre che in Usa e Canada. Sarebbe un finale di carriera splendido».
Quando finirà di giocare, intende fare l’imprenditore.
«All’università ho studiato Business Administration, ho dovuto smettere per il calcio, ma investimenti e management sono una mia passione. Campo immobiliare, diritti d’immagine, ristorazione: opero in diversi ambiti, diversifico, come è giusto».
Uno sportivo ha il dovere di occuparsi pubblicamente di politica e di questioni sociali, oppure deve concentrarsi solo sul suo lavoro? Ochoa:
«Che tu lo voglia o no, se sei un personaggio pubblico è inevitabile che tu sia esposto. Ma credo che uno sportivo sia
uno sportivo: i politici ci sono apposta».
In Qatar ha tenuto banco la questione dei diritti civili.
«Quando vai in un Paese che non è il tuo hai il dovere di rispettare le tradizioni. Non è lo straniero che arriva un mese per giocare a pallone che può o deve cambiare la cultura di un popolo».
Quando si parla del Messico, il suo Paese, spesso ci si sofferma sulla violenza. Ochoa:
«È come per l’Italia, no? Pizza, mafia. Il Messico per chi non lo conosce è tre cose: tequila, narcos, Cancun. Un po’ è
colpa delle serie televisive, che mitizzano la violenza. Amo il Messico, per questo ho fatto anche da guida turistica per un programma tv: voglio mostrare che il mio Paese non è solo sparatorie. Siamo una terra piena di storia e di arte. Vicino a casa mia c’è il museo Frida Kahlo: stupendo».
Infine: e vero che ha sei dita? Ochoa smonta la leggenda: no.
«Ancora con questa storia! È uno scherzo, in Messico il 28 dicembre si festeggia una cosa che è come il vostro pesce d’aprile, sui giornali e in tv tutti scherzano e dicono cose non vere. Il mio segreto sono le sei dita? Magari. Sono solo cinque, ma ben allenate».