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Pannofino: «Ho doppiato anche film porno. Dopo otto ore in sala uscivo in debito di ossigeno»

Al CorSera: «Ero presente quando uccisero Moro, mi ero fermato in edicola a comprare il Messaggero. Testimoniai alla Commissione stragi del Senato» 

Pannofino: «Ho doppiato anche film porno. Dopo otto ore in sala uscivo in debito di ossigeno»

Il Corriere della Sera intervista Francesco Pannofino. Attore e doppiatore, è diventato celebre per il ruolo del regista René Ferretti nella serie tv «Boris». È il doppiatore principale di Denzel Washington e George Clooney, ma ha prestato la voce anche, tra gli altri, ad Antonio Banderas e Tom Hanks in «Forrest Gump».

Pannofino racconta la sua adolescenza. Frequentava l’oratorio.

«Sì, a Imperia: sono cresciuto lì fino ai14 anni, poi ci siamo trasferiti a Roma. A quei tempi se volevi giocare a pallone, o andavi all’oratorio o eri fregato. Era stata mia madre, pia donna, a portarmi dai frati. La messa è un bellissimo spettacolo: solo alcun preti lo fanno male, io adoro quelli vivaci e coraggiosi. Io facevo il chierichetto e leggevo Gli atti degli apostoli: le esibizioni mi riuscivano bene».

Che cosa voleva fare da grande Pannofino?

«Il calciatore. I miei miti erano Rivera, Mazzola e Riva. Allora, però, andavano i giocatori olandesi e quelli della mia età erano alti il doppio di me. O ti chiamavi Maradona, o non avevi speranza di sfondare…».

Il 16 marzo 1978 Pannofino passò in via Fani poco prima dell’agguato ad Aldo Moro e alla sua scorta. Racconta quel giorno.

 «Dovevo prendere l’autobus per l’università, il motorino era rotto. Mi sono fermato in edicola a prendere il Messaggero. Stavo leggendo in prima pagina la notizia della Juve che era riuscita a passare contro l’Ajax grazie a Zoff, quando sono partite le raffiche. Sono scappato sul lato opposto della strada e con una vicina ci siamo nascosti in una viuzza laterale. Non è durato tanto. Quando sono ritornato indietro c’erano le vittime a terra, i bossoli, il sangue. Sembrava un film. Ma ho realizzato la gravità della cosa a casa: in tivù non si parlava d’altro».

Lo ha raccontato anche davanti alla Commissione stragi del Senato.

«Quarant’anni dopo. Sono stati anni in bianco e nero. Io ero figlio di un carabiniere e non lo dicevo certo in giro».

All’università studiava Matematica.

«Mi ero diplomato all’Istituto tecnico industriale. L’università mi serviva per rimandare il militare e Matematica aveva pochi esami».

Ma gli esami erano difficili.

«Infatti ne diedi solo tre: Algebra, Geometria 1 e Analisi 1».

Pannofino è arrivato al successo a 50 anni, con «Boris», anche se lavorava già da trenta.

«Nella mia carriera di doppiatore non mi sono fatto mancare niente, come i film porno. Ricordo certe convocazioni il sabato, otto ore, 90 mila lire. Uscivo in debito di ossigeno».

Ha senso il doppiaggio oggi, con le serie tv in lingua originale sottotitolate?

«Il doppiaggio morirà quando tutti impareranno l’inglese. Per come la vedo io, è come la traduzione di un libro: ci dobbiamo fidare del doppiatore. Diciamo che è un trucco cinematografico: te ne accorgi solo se è venuto male».

Pannofino parla dei genitori. La domanda è: credevano nella sua carriera di attore/doppiatore?

«Mio padre non tanto, mia madre sempre. Poi quando hanno visto che guadagnavo più di loro si sono tranquillizzati».

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