Osvaldo Ardiles, tra i protagonisti del film, intervistato da As: «Ogni giorno, a fine riprese, parlavamo di calcio fino al mattino, Pelé ci raccontava tanti aneddoti».
Osvaldo Ardiles ha avuto il privilegio di condividere una buona amicizia con Pelé e con Maradona. Ardiles ha deciso di raccontare la sua esperienza con Pelé in un’intervista ad As. Negli anni ’80 è stato il protagonista, insieme a Pelé, Bobby Moore e gli attori Michael Caine e Sylvester Stallone del film “Fuga per la vittoria”, grande riferimento cinematografico sul calcio. Così Ardiles ricorda Pelé:
«Forse è stata la persona più influente nell’intera storia di questo sport. C’è un prima e un dopo la sua apparizione. Ha cambiato molte cose. Ad esempio, prima che diventasse una star mondiale, il numero che la maggior parte dei giocatori voleva per la propria maglia era il 9, quello dell’attaccante, ma poi tutti volevano il 10, come Pelé».
Ardiles racconta delle serate passate insieme a Pelé durante le riprese del film e svela un aneddoto su Sylvester Stallone:
«È stato un mese e mezzo a Budapest e ci siamo trovati benissimo. Alla fine di ogni giornata di riprese, non c’era molto da fare e passavamo il tempo a parlare di calcio in quelle che chiamavamo ‘partite di calcio’, che a volte duravano fino alle 3 del mattino. Ovviamente abbiamo chiesto tutti a Pelé, che ci ha raccontato tanti aneddoti. È stato un piacere».
Ad Ardiles viene chiesto perché è stato scelto per affiancare Pelé e Bobby Moore nel film. Risponde:
«Ero in Inghilterra e soddisfacevo tutti i requisiti richiesti. Campione del mondo, piccolo e magro. Dovevo sembrare quasi affamato perché eravamo in un campo di concentramento».
È vero che Sylvester Stallone sapeva a malapena del calcio che la palla era rotonda? Ardiles:
«Nel copione c’era scritto che dopo aver parato il rigore, che tra l’altro ho provocato io, avrebbe afferrato la palla, avrebbe dribblato tutti i tedeschi e segnato il gol. Poi Bobby Moore e Pelé hanno detto che era impossibile perché non sapeva nemmeno come toccare la palla. Era domenica e le riprese dovevano essere terminate a tutti i costi, quindi la sceneggiatura è stata modificata».
Cosa ha significato per te essere il protagonista di un film così leggendario?
«Oltre a divertirmi, la ripercussione è stata fantastica. Ho trascorso otto anni come allenatore in Giappone e mi hanno parlato solo del film. Ho detto loro che ero campione del mondo ma mi hanno sempre chiesto la stessa cosa».