A Dazn: «Sarri mi piaceva già quando lo vidi al Napoli. Ero curioso di sapere come sarebbe stato lavorare con lui»
Il difensore italiano Alessio Romagnoli, passato dal Milan alla Lazio l’estate scorsa dopo sette stagioni in rossonero, ha rilasciato un’intervista a Dazn in vista del big match dell’Olimpico. Ha raccontato le emozioni di poter vivere un incontro del genere con la maglia della propria squadra del cuore e i sentimenti contrastanti provati in passato da avversario. Queste le parole di Romagnoli:
«Giocare per la propria squadra del cuore e sentirsi a casa è bello per chiunque. Io penso che la scelta più importante per me sia stata quella di trovare un progetto serio, in una squadra forte e con un mister forte. E ora che sono qui, voglio vincere con la Lazio, per me è l’obiettivo fondamentale. La mia fede per questi colori me l’hanno trasmessa mio padre e mia nonna. La prima volta a Formello fu nel 2004, c’era Mancini allenatore. Ho sempre avuto il sogno di tornarci da giocatore, ma non volevo farlo troppo tardi. Molto hanno fatto anche le persone a casa che mi dicevano ‘torna, torna’».
Il rapporto di Romagnoli con Sarri:
«Sarri mi piaceva già quando lo vidi al Napoli. Ero curioso di sapere come sarebbe stato lavorare con lui, in particolare su quali dettagli si concentrava per la linea difensiva. Noi lavoriamo tutti i giorni, sia di reparto, sia come squadra e abbiamo dei concetti che seguiamo, che ci danno de benefici. A volta capita che la partita non vada bene, ma l’idea con o senza palla è sempre quella. Ci sono altre cose, poi, che vanno messe apposto durante la partita. La cosa bella, però è che noi abbiamo creato un’identità che riconoscono tutti».
Lo scudetto vinto con il Milan e le critiche ricevute:
«Vincere lo scudetto con una società come il Milan, da capitano, è stata una cosa fuori dal comune. Bellissimo dopo anni di delusioni. Delle critiche non me ne è mai fregato niente. Possono dare fastidio, più o meno, ma le persone non sanno come stavo alcune volte quando andavo in campo. Da novembre in poi ho avuto la pubalgia e facevo fatica anche ad allenarmi. Avere la fascia da capitano al braccio è una responsabilità la responsabilità e quando la squadra va così così, il primo a metterci la faccia dev’essere il capitano. Ma io sono sempre rimasto focalizzato su quello che dovevo fare in campo. A fine anno con la società avevamo discusso della situazione contrattuale. Mi avevano fatto un’offerta, ma alla fine hanno preferito fare altre scelte e le nostre strade si sono separate. Forse sarebbe stato meglio essere più chiari da subito per non portare la trattativa fino alla fine. In ogni caso, del Milan porto solo ricordi bellissimi in sette anni fantastici».
Tra questi ricordi c’è anche un gol decisivo proprio contro la Lazio. L’incontro finì ai rigori e l’ultimo pallone sul dischetto, sotto la Curva Nord dei tifosi biancocelesti toccò proprio a Romagnoli:
«Era la semifinale di ritorno in Coppa Italia. Un po’ ero dispiaciuto, perché giocavamo con la Lazio, ma certamente alla fine fui contento perché avevamo passato il turno. Il pensiero era più che altro per mia nonna e mio padre. Per questo mi è venuto molto facile non esultare, l’ho detto: la Lazio l’ho sempre rispettata. Quest’anno però il mio primo gol sotto la Nord è stata un’esplosione di felicità mia e credo di tanta altra gente».
Nell’intervista Alessio Romagnoli ha parlato anche di Sinisa Mihajlovic:
«Con lui ho avuto un rapporto sincero, bello, lui è una persona vera, di cuore, è stato fondamentale per me, mi ha permesso di andare in una squadra molto prestigiosa come la Samp, mi ha permesso di giocare sin da subito, ho fatto esperienza nonostante i miei sbagli. Lui mi ha sempre dato fiducia, è stato fondamentale sia lì che al Milan. Mi ha voluto». A quel punto, è intervenuto l’ex calciatore del Milan: “Galliani veniva al campo e ci diceva ‘Mihajlovic vuole Romagnoli, lui soltanto. Non c’è chance, Romagnoli e altri 10”. Il difensore della Lazio aggiunge: “Tutti dicevano che lui mi chiamava tutti i giorni, non è vero. Mi ha mandato un messaggio ‘Vuoi venire al Milan?’. E io ‘Sì’. Finito, basta”.