La squadra di Spalletti sa sempre trovare la chiave giusto. Lozano ha aperto l’Eintracht. Kim consente il sistema di gioco sbilanciato in avanti
La testa e la tattica
Nella sua analisi scritta a caldo nel postpartita di Eintracht-Napoli, Massimiliano Gallo ha raccontato di un Napoli sicuro, consapevole, intelligente. Di un Napoli che ha assorbito la sfuriata iniziale dell’Eintracht e poi ha preso possesso della partita. Ecco, queste parole sono profondamente vere se guardiamo all’aspetto emotivo della gara di ieri. Ma sono ancora più realistiche dal punto di vista puramente tattico. Perché, in fondo, questa è la vera forza del Napoli: la squadra di Spalletti ha delle qualità assolute e un sistema per esaltarle per cui è in grado di interpretare al meglio tutte le fasi di una partita. E poi di trovare la chiave per battere i propri avversari.
Ora, oggi, sappiamo che tutte queste capacità – ormai certificate nel contesto del campionato di Serie A – esistono e valgono e fanno la differenza anche in Champions League. Anzi: nella fase a eliminazione diretta. Insomma, la forza tecnica e tattica della squadra di Spalletti nutrono la fame, la testa, il rendimento mentale dei giocatori in campo. E viceversa.
Lo sviluppo della partita, in questo senso, è stato abbastanza lineare. E anche prevedibile. Vale a dire: inizio a mille all’ora della squadra tedesca, Napoli che resiste, si rimette in ordine e poi sfrutta i bug del sistema tattico dell’Eintracht. Ma andiamo con ordine, partendo dall’inizio. Da un avvio di gara in cui la squadra di Spalletti è stata costretta, dai suoi avversari e dal loro approccio veemente, a mettersi sulla difensiva. O comunque in posizione d’attesa. Il Francoforte, infatti, si è schierato con un 3-4-2-1 che, come spiegato da Spalletti nel postpartita, si è andato a insinuare «in quegli spazi che il 4-3-3 deve concedere per forza. Soprattutto con il quadrato di centrocampo».
In questo frame, i due mediani e i due trequartisti del 3-4-2-1 del Francoforte si muovono in sincronia davanti e dietro la linea di centrocampo del Napoli, costringendo un centrale – Kim Min-jae – a venire a difendere in avanti
In fase passiva, la squadra tedesca ha attuato un meccanismo molto particolare: pur tenendo le linee non troppo basse e la squadra compatta, non ha pressato in maniera intensa la primissima costruzione del Napoli. Anzi, ha lasciato ampia libertà di manovra a Kim Min-jae e Rrahmani, andando invece a presidiare tutte le linee di passaggio per lo sviluppo successivo. In questo modo, almeno inizialmente, ha tenuto fuori dal gioco Lobotka e Anguissa, costringendo il Napoli a un possesso ripetitivo e quindi sterile nella propria metà campo. La squadra di Spalletti, in verità, è sembrata un po’ adagiarsi nei primi minuti: piuttosto che forzare fin da subito un altro tipo di soluzione, ha tenuto bassi i ritmi. Come se volesse gestire la gara anche con il risultato in bilico. Non proprio la miglior sensazione da trasmettere, in una gara a eliminazione diretta di Champions League.
Rrahmani e Kim Min-jae impostano senza che un avversario vada a pressarli davvero
Il punto, come detto in apertura, è che il Napoli ha delle qualità assolute e un sistema per esaltarle tali che è in grado di assorbire i momenti difficili e trovare il modo per ribaltare l’andamento di una partita. Nel caso di specie, contro il Francoforte l’inizio della riscossa si colloca in due momenti precisi: al minuto 16′, quando Lozano ha recuperato un pallone nella trequarti campo difensiva e ha lanciato Osimhen in campo aperto; al minuto 23′, quando Kim Min-jae ha trovato ancora il messicano nello spazio con un lancio telecomandato dalla difesa.
In quelle due azioni, entrambe finite senza che venissero fuori delle grandi occasioni da gol, è come se il Napoli avesse dimostrato all’Eintracht che aveva gli strumenti per forzare i suoi blocchi medi e il suo pressing ad aggressività intermittente. Da lì in poi, infatti, la squadra di Spalletti non ha giocato una partita di calcio: ha interpretato un monologo di calcio.
Lozano, Lobotka, Anguissa
Hirving Lozano, come abbiamo già preannunciato nel paragrafo precedente, è stato l’uomo-chiave per infastidire e poi bucare la difesa dell’Eintracht. Lo dicono i numeri, intanto: 4 dribbling riusciti, 2 occasioni create, 4 cross tentati. Certo, è stato agevolato dal fatto che il difensore dalla sua parte, il franco-camerunese N’Dicka, fosse evidentemente il meno dotato del reparto arretrato del Frankfurt. Allo stesso tempo, però, la libertà di Lozano e i suoi attacchi continui della profondità nascono da una precisa dinamica tattica – andare in verticale giocando la palla nello spazio appena possibile – e dalle inclinazioni dell’esterno messicano, da sempre amante del gioco in campo lungo e storicamente più bravo a giocare in ampiezza piuttosto che convergendo verso il centro, soprattutto quando viene schierato sulla fascia destra.
In alto, tutti i palloni giocati da Lozano. Sopra, invece, ci sono quelli di Kvaratskhelia. In questi due campetti, si vede l’enorme differenza tra un esterno offensivo che gioca in ampiezza, ovvero Lozano, e uno che invece esplora spetto i corridoi interni.
Prima è stata usata la parola monologo, e non è stato casuale. Sono i numeri a confortare questa scelta lessicale: dopo il primo quarto d’ora, infatti, il Napoli non ha più concesso un solo tiro all’Eintracht fino al minuto 77. Esatto, avete letto bene: per più di un’ora effettiva di gioco, la squadra tedesca non ha mai, mai tentato la conclusione verso la porta difesa da Meret. E se Lozano, come detto, può essere considerato l’apriscatole del sistema difensivo predisposto da Glasner, è doveroso sottolineare, raccontare, spiegare la prestazione sontuosa di Stanislav Lobotka e Frank Zambo-Anguissa. Vale a dire, i due giocatori che hanno permesso al Napoli di dominare il centrocampo. Quindi, di dominare la partita.
Anche con loro partiamo dai numeri: Lobotka ha toccato 86 palloni, li ha distribuiti con il 94% di precisione e ha vinto 3 contrasti, la seconda quota tra tutti i calciatori in campo (il primato è di Kim Min-jae, con 5); Anguissa, invece, ha messo insieme 5 eventi difensivi tra spazzate, palloni intercettati e contrasti vinti, ha servito 2 passaggi filtranti, ha completato 2 dribbling e conquistato 3 punizioni. Oltre queste cifre, però, c’è l’intangibile: Lobotka e Anguissa hanno dato la sensazione di essere sempre nel posto giusto al momento giusto. Di muoversi, in tutte le fasi di gioco, per offrire sempre gli sbocchi migliori al gioco del Napoli. Come se avessero un proiettore predittivo nel cervello che anticipava il movimento della palla, le intenzioni degli avversari.
Il gol di Osimhen comincia con un’intuizione di Lobotka
Ecco cosa intendiamo: ancora prima che Götze sbagliasse un appoggio piuttosto elementare, Lobotka sapeva già che il pallone sarebbe andato lì. E ha posizionato il suo corpo, e ha predisposto la sua mente a quel tipo di giocata difensiva. Un anticipo puro, che però allo stesso tempo è frutto dal suo pressing e da quello di Anguissa. Questo tipo di intuizioni e di errori forzati sono stati degli eventi ripetuti, nelle azioni dei due centrocampisti del Napoli. È così che l’Eintracht ha perso prima il grip iniziale e poi, col passare dei minuti, il controllo della partita.
A quel punto, si sono determinate delle praterie che il Napoli ha sfruttato con intelligenza. Nel modo che abbiamo già descritto: aprendo il campo per Lozano e facendolo galoppare fianco a fianco con un difensore fisicamente non alla sua altezza. Così sono nate l’azione del rigore e quella che, come vedete sopra, ha portato al gol di Osimhen.
Kim Min-jae
Nella ripresa, il Napoli ha continuato a tenere il campo con la tranquillità della consapevolezza, con l’autorità della squadra matura e in controllo della partita. Da questo punto di vista, la differenza l’ha fatta un’evidente solidità difensiva, sublimata nella prestazione mostruosa – l’ennesima – di Kim Min-jae. Pure il capitolo sul centrale sudcoreano – anzi: soprattutto quello su di lui – è bene aprirlo con i dati, con le statistiche: 5 contrasti vinti, 7 palloni spazzati, 5 duelli aerei vinti. Praticamente un muro di muscoli su cui ha rimbalzato ogni avversario. Come se non bastasse, Kim Min-jae ha messo insieme 132 passaggi tentati con il 94% di precisione, record assoluto in campo; 6 lanci lunghi riusciti, record assoluto in campo; persino 2 dribbling riusciti.
In questi due frame, si vede cosa significa avere un centrale come Kim Min-Jae. In quello in alto, il Napoli tiene la linea difensiva molto alta, lascia un ampio spazio tra i difensori e Meret; sopra, stesso atteggiamento, ovviamente con qualche metro di differenza, anche quando il Frankfurt ha un buon possesso fronte porta. Alla fine, l’azione del secondo frame si concluderà con un cross forzato dalla pressione di Kim Min-jae su Lindstrom, dopo una perfetta scappata all’indietro.
Grazie a un centrale del genere, dotato di misure fisiche e doti tecniche fuori dal comune, il Napoli può permettersi il suo sistema sbilanciato in avanti – per non dire iper-offensivo. È una questione di compensazioni, di equilibri: con Kim Min-jae a fare da riferimento, la squadra di Spalletti può permettersi un atteggiamento estremamente aggressivo in fase di pressing, può accorciare il campo difensivo tenendo compatte le linee, insomma può rischiare di portare tanti uomini in avanti.
Quella stessa prestanza mista a velocità rende Kim Min-jae perfetto anche per le fasi di difesa posizionale, per quei – rari – momenti in cui il Napoli decide di abbassare un po’ il suo baricentro e di stare a presidio della propria area di rigore. Contro l’Eintracht, dopo il primo quarto d’ora e soprattutto dopo l’espulsione di Kolo Muani, la seconda opzione non è stata mai nemmeno presa in considerazione. E allora Kim Min-jae si è esaltato difendendo in avanti. Tenendo alta la soglia dell’intensità del pressing. Duellando a tutto campo proprio con Kolo Muani, il miglior giocatore per distacco del Frankfurt, perché no? Alla fine, è risultato tra i migliori in campo. Se non il migliore in assoluto.
L’espulsione, la partita finita, un gol sublime per Di Lorenzo
Il rosso a Kolo Muani ha messo fine alla partita tattica. O meglio: ha permesso al Napoli di entrare in modalità gestione e risparmio energetico, di controllare il pallone con una tranquillità ancora più accentuata. A quel punto, visto il risultato e i diversi impegni che attendevano la squadra di Spalletti, mettersi lì a manipolare l’Eintracht con il possesso è stata la scelta giusta. Anche perché il secondo gol, tecnicamente sublime, nasce proprio da questi presupposti tattici:
Il solito sovraccarico di giocatori in zona palla: ne abbiamo parlato nell’analisi tattica di Sassuolo-Napoli
Grazie a una trasmissione di palla insistita seppur non velocissima, il Napoli si è deformato così sul campo: Olivera nell’atto ormai consolidato, nel dna tattico della squadra di Spalletti, di sovrapporsi internamente a Kvaratskhelia; l’esterno georgiano che riceve la palla sul piede e ha lo spazio per tagliare dentro il campo, chiamare il dai e vai a Zielinski, che lo completa con un geniale tocco tra le linee, e attirare su di sé tre giocatori dell’Eintracht. A quel punto, poi, succede questo:
Dida
Come detto, si tratta di un gol tecnicamente sublime. Ma la manovra si origina da movimenti provati e riprovati, da una dinamica – il taglio profondissimo di Kvara da sinistra verso la zona di centrodestra dell’area avversaria – che abbiamo visto spessissimo in questa stagione, quindi da un lavoro fatto in allenamento. Il fatto che ci sia Di Lorenzo a chiudere quell’azione, poi, completa il capolavoro di tattica collettiva e individuale: il capitano del Napoli, infatti, si inserisce alle spalle di Anguissa seguendo una traccia molto più interna rispetto alla posizione di Lozano. Come Olivera dall’altra parte, né più né meno. Quasi come a voler mostrare – e quindi dimostrare – che nel calcio c’è ancora qualcosa da scoprire, una nuova innovazione da pensare, testare, realizzare.
Conclusioni
Dopo lo 0-2, il Napoli non ha più accelerato. Forse è un torto, o forse alla squadra di Spalletti serviva gestire le energie piuttosto che continuare a spingere alla ricerca del terzo gol. Terzo gol che tra l’altro sarebbe potuto arrivare in diverse occasioni, pur senza forzare, ma sono mancate lucidità e anche precisione al momento dell’ultimo passaggio. In difesa, invece, gli azzurri non hanno mai – ma proprio mai – staccato la spina, sono stati assolutamente perfetti. E questa forse è la miglior notizia arrivata dalla Germania.
Anche perché la condizione del Napoli, in vista del ritorno degli ottavi e dei big match di campionato, è piuttosto privilegiata: può pensare di gestire i vantaggi accumulati, che non vuol dire giocare in modo speculativo, difensivo, piuttosto affrontare certe partite con la consapevolezza che anche un pareggio potrebbe essere un risultato da accogliere positivamente. Certo, Spalletti parlerà e penserà e lavorerà perché il Napoli giochi con la sua identità, perché la sua squadra si esprima secondo quelle che sono le sue qualità, spiccatamente offensive.
Allo stesso tempo, però, va considerato che, nei probabili quarti di Champions, il Napoli potrebbe dover fronteggiare una squadra decisamente più forte di questo Eintracht. E di tutte quelle che ha sfidato in gare di Serie A. E allora servirà alimentare questa sensazione di totale sicurezza difensiva, non a caso gli azzurri hanno subito solamente tre gol nelle nove partite giocate tra campionato e Champions League, come se Spalletti avesse capito a tempo debito – anzi: in anticipo – che la sua squadra doveva lavorare su questo aspetto in vista del finale di stagione. I risultati sono già visibili. E sono davvero molto, molto promettenti.