La pacchia è finita, scrive il giornale spagnolo. “Tebas sembra uno di quei maestri che ti picchiano con il righello per il tuo bene”

Che belli tempi in cui “Real Madrid, Barça, Atletico, Siviglia o Valencia bussavano al campanello di quasi tutti i club europei e e gli infilavano cambiali a 30, 60 o 90 anni sotto la porta. Ci sono piaciute le loro stelle. E a loro piaceva la generosità con cui spendevamo i soldi che non avevamo, un po’ come negli anni felici della bolla immobiliare, quando si andava in banca a chiedere un mutuo da 180.000 euro e uscivi dall’ufficio con mezzo milione e tante pacche sulle spalle”. Anche in Spagna è “fernuta a zezzenella”, anche se Rafa Cabeleira non la chiama proprio così. Ma il suo editoriale su El Paìs sottolinea proprio questa frattura della storia: comanda la Premier, la Liga è diventata una lega satellite come le altre.
Anzi, scrive, se guardi alle spese del Chelsea in questo calciomercato “sembra che abbiano nominato Josep Maria Bartomeu come nuovo amministratore delegato”, il “deve aver creato più scuola di quanto molti di noi vorrebbero ammettere”.
“La precarietà economica dei grandi club del nostro Paese è un dato di fatto. Lo ha detto lo stesso Florentino Pérez nella presentazione televisiva della Superlega e alcuni cenciosi hanno approfittato della sua confessione per ricavare legna dall’albero caduto”
“Javier Tebas guarda tutto questo, tra il vizioso e il divertito, come quegli insegnanti che ti picchiano sulle dita con il righello o ti mettono in ginocchio, con la faccia al muro, ma per il tuo bene”.
I giorni della pacchia, scrive Cabeleira, “non torneranno più”. “La Liga è, ancora oggi, un’oasi di pace e l’ultimo baluardo dell’Occidente. È consolante sapere, almeno, che il nostro sarà – e peraltro libero da ipoteche – il regno dei cieli”.