De Laurentiis dà lezioni di managerialità al calcio italiano. L’Italia fatica ad accettarlo, come quando vede due uomini che si baciano
Tre a zero alla Cremonese, il Napoli avanza. Vince anche nelle serate meno convincenti, come fanno le grandi squadre. E come le grandi squadre ancora una volta segna alla prima occasione. Con Kvaratskhelia uno degli acquisti migliori della storia del calcio: il rapporto qualità prezzo è da Premio Nobel del calciomercato. Il Napoli ha mostrato un po’ di stanchezza, forse anche perché ultimamente Spalletti si sta inspiegabilmente affezionando ai titolarissimi. Nella ripresa il raddoppio di Osimhen: un altro classico. Poi il terzo di Elmas appena entrato. E al Napoli mancano un rigore e un’espulsione per i lombardi.
Contro la Cremonese è stata la vittoria numero diciannove in ventidue partite. Ha vinto diciassette degli ultime diciotto incontri di campionato. Quella del Napoli è una tirannia più che un dominio. In attesa che l’Inter giochi lunedì sera in casa della Sampdoria, il Napoli in classifica è a più sedici. Numero simbolico che quest’estate era agitato dai tantissimi contestatori che volevano De Laurentiis a Bari (da qui l’A16, l’autostrada) affinché liberasse la squadra. Da cosa poi? È stato lui a salvare il Napoli quando il club era sprofondato in Serie C. Oggi quegli stessi tifosi (tanti) sono costretti a rimanere in silenzio di fronte a un clamoroso sbugiardamento delle loro grottesche tesi. Assistiamo al balbettio dell’intellighenzia populistica cittadina – evidentemente un ossimoro – che non sa come mettere il cappello a questo dominio calcistico che della loro cara napoletanità (un intruglio di stereotipi) non ha nulla. Nemmeno la scaramanzia. È un Napoli talmente nuovo che stasera ha avuto l’ardire di giocare con la stessa maglia indossata la sera dell’eliminazione in Coppa Italia contro la Cremonese.
Come detto tante volte, questo grande Napoli è figlio di programmazione, visione imprenditoriale, lungimiranza, coraggio di rompere con un passato intriso di sconfittismo. Che sollievo ascoltare come un rumore lontano le parole di Maurizio Sarri, la sua voce spiegare che la Lazio non è partita per competere per la Champions, pur avendola a portata di mano e con una signora rosa, e sapere che è il passato. Lui come Ciro Mertens, Insigne, Koulibaly, tutti idoli anche perché votati alla retorica della napoletanità.
Eppure il dominio di questo Napoli continua a essere guardato con stupore. In altri contesti già da anni la gestione De Laurentiis sarebbe stata portata a modello del calcio italiano. Qui invece dobbiamo sorbirci l’egemonia mediatica del Nord che tace di fronte ai pericolanti equilibri economico-finanziaria delle milanesi, per non parlare del tracollo del modello Juventus.
In fondo il Napoli di De Laurentiis è l’equivalente di Rosa Chemical il cantante che tanto scandalo ha dato a Sanremo evento ingiustamente sottovalutato e che invece è un perfetto osservatorio dell’Italia. Rosa Chemical ha semplicemente cantato la libertà sessuale e si è baciato lingua in bocca con un uomo (Fedez) sul palco del Festival. Cielo, omosessuali in diretta tv. La normalità. È quel che accade di fronte a questo Napoli. Che non vince grazie a pizza e mandolino ma perché impartisce lezioni di managerialità. La normalità. Normalità cui sarebbe bene cominciare ad abituarsi. Perché questa lezione del Napoli tutto è tranne che estemporanea e casuale. Bisognerebbe stracciare il libro dei luoghi comuni così come andrebbe preso atto che l’omosessualità non fa più notizia. È l’ovvio. Come è l’ovvio un’atleta nera che denuncia il razzismo in Italia. Al pari del presidente del Napoli che insegna a colleghi italiani e stranieri come si guida un’azienda calcistica, come rafforzarsi in campo arricchendo le casse. Come si portano a casa plusvalenze vere nonostante le proteste dei tifosotti.
Ecco, quel che manca al Napoli è una sponda culturale degna di questo nome, una porzione evoluta di tifosi che siano in grado di supportare l’essere visionario di De Laurentiis. Se il Napoli potesse contare su un ambiente in grado di guardare oltre le vicende giudiziarie della Juventus e capire che sono in ballo, in Europa non solo in Italia, gli equilibri e le egemonie del calcio che verrà, sarebbe più semplice portare avanti determinate battaglie. È impossibile, lo sappiamo. Per fortuna, De Laurentiis sembra finalmente aver capito che deve solcare i mari senza curarsi dei rumori di fondo. Più si allontana dal populismo, più scrive la storia e fa del Napoli un’azienda illuminata e vincente. Se il raggiungimento dell’obiettivo fosse suggellato dal bacio con Spalletti, sarebbe il massimo. Anche senza lingua andrebbe bene, alla Honecker e Breznev. Ma non si può avere tutto dalla vita. Sappiamo accontentarci.