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In Germania il modello Eintracht è elogiato dai media (Kicker lo ha messo in copertina)

L’unico giornale nazionale di calcio resta da decenni un riferimento anche perché non è mai diventato la fanzine del Bayern Monaco

In Germania il modello Eintracht è elogiato dai media (Kicker lo ha messo in copertina)
L'Eintracht prossimo avversario del Napoli in Champions. Qui la finale di Europa League contro i Rangers Glasgow / foto Image Sport nella foto: Oliver Glasner

Caro Napolista, nell’edizione di ieri del giornale tedesco Kicker la storia di copertina è dedicata all’Eintracht Frankfurt, prossimo avversario del Napoli agli ottavi di Champions League, di cui si celebra la sostenibilità del modello aziendale, basato su uno scouting capace di individuare giovani talenti bruciando sul tempo la concorrenza e una politica di continuo rinnovamento della rosa: negli ultimi dieci anni l’Eintracht ha avuto una crescita costante cedendo sistematicamente i gioielli di famiglia e senza che nessuno nella sua caldissima tifoseria ne facesse un dramma, perché dietro questa strategia c’è sempre stata sí la stella polare della profittabilità, ma anche quella della precisa consapevolezza di come ogni volta sostituire la mercanzia pregiata in uscita. E a coronamento di un decennio di ininterrotto consolidamento, la squadra l’anno scorso ha vinto l’Europa League, di cui non era certo data tra le grandi favorite dopo la fase a gironi.

Se tra il percorso del Napoli e quello dei nostri prossimi avversari di Champions è facile scorgere delle analogie, al netto dell’Europa League, che il Napoli non ha mai vinto (e quanto sarebbe stato salutare per il futuro, pensandoci oggi retrospettivamente, vincere quell’Europa League con Benitez in panchina), quello che balza all’attenzione e stupisce non poco è il modo completamente diverso di raccontare il fenomeno Eintracht in Germania e il fenomeno Napoli in Italia.
Il punto è che Kicker, che in Germania è storicamente la testata leader nella stampa nazionale specializzata di calcio, è appunto ciò che dice di essere cioè un giornale di calcio e come tale mette sotto i riflettori la squadra che in quel momento fa notizia. Nel bene o nel male. La copertina di oggi è infiocchettata da un titolo semplice e geniale: La scuola di Francoforte. A chi lo ha deciso, questo titolo sarà parso in tutta evidenza lodevole per portare credito e rispettabilità alla testata, giustamente infischiandosene del fatto che alla maggioranza dei lettori, a cominciare dai più giovani, sfuggisse che fosse, nella sua semplicità, una citazione del nome conferito per acclamazione alla Facoltà di scienze sociali dell’Università di Francoforte, che negli anni ’50 e ’60 portò la Germania reduce dagli anni più infami e più insani della sua storia a farsi fucina delle teorie più avanzate e più progressive della società aperta contemporanea, attraverso l’opera di calibri come Theodor Adorno, Max Horkheimer, Herbert Marcuse.
Ecco, l’edizione odierna di Kicker ha dimostrato che può bastare un titolo (nella traduzione italiana) di quattro parole, di cui due sono un articolo e una preposizione semplice, per annunciare l’esistenza palpitante di un giornalismo sportivo che peschi a piene mani nella realtà in ossequio al desiderio di raccontarlo meglio, un pezzettino di quella realtà, magari pensando che il lettore aspetta l’occasione buona per sollevarsi dal letargo, incuriosirsi per qualcosa d’inatteso, piuttosto che emettere un grugnito leggendo quasi la stessa cosa che ha rimasticato sui social dal giorno prima.
E in Germania Kicker, unico giornale nazionale di calcio, decentemente bisettimanale, resta da decenni un riferimento per chi ama questo sport anche perché non è mai diventato la fanzine del Bayern Monaco, che pure conta tifosi in schiacciante maggioranza sparsi equamente su tutto il territorio nazionale. Laddove invece in Italia, dove pure la stampa specializzata è, in confronto, a dir poco pletorica, con tre quotidiani sportivi nazionali, mettersi a cercare una narrazione denudante, convincente, stratificata, del calcio e di ciò che gli gira intorno, capace di raccontare il calcio prendendo in prestito anche lessico e argomenti mutuati da altri contesti è francamente difficile.
La stampa specializzata italiana fa un’enorme fatica a offrire guizzi narrativi che ancora erano stati correnti negli anni d’oro del Guerin sportivo, al Corriere dello Sport di Antonio Ghirelli come alla brevissima stagione del Tuttosport di Gianni Minà. Ma questo è trapassato remoto. Oggi la cifra è quella che su questa testata online è stata felicemente racchiusa nella formula di giornalismo di relazione.
Purtroppo il giornalismo di relazione consiste in una logorante guerra di posizione il cui supremo obiettivo è quello di conservare il fazzoletto di terra su cui si è seduti. E questo non può non deteriorare la capacità di volare, con i pensieri e quindi con le parole. E se questa è la strategia dominante di giornalisti che allineando parole dovrebbero farsi largo in termini di riconoscibilià e autorevolezza, allora è chiaro che siamo in un circolo vizioso, in cui perfino la fanzine è destinata a strozzarsi nell’orizzonte del giornalino diocesano, nel grado zero del giornalista come rappresentazione meglio riuscita dell’idea di uomo ad una dimensione uscita dalla Scuola di Francoforte.
A noi amanti di questo Napoli forte e fortemente consapevole di sé, in questo mese di febbraio resta la ragionevole speranza di darle una luminosa lezione, alla Scuola di Francoforte. Senza illuderci che sulle note pagine spuntino commendevoli cantori.
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