Ieri sera il Napoli ha subito, molto più di quanto sia apparso ma quell’azione difensiva, con Elmas e Di Lorenzo in soccorso, racconta la squadra di Spalletti
Lobotka, la fotografia del Napoli è l’uno contro uno difensivo di Stanislav da ultimo uomo
Sembrano accorgersene più all’estero che in Italia, dove evidentemente la stampa (seppure poi delusa dalla solita, anzi ennesima partita negativa) ha ormai finito con l’incensare l’importanza dell’Europa League molto più della Champions League pur di tentare in ogni modo di dare un traino alla Juventus (o di lanciarle un salvagente in un mare forza 9?).
Insomma, nel paese siamo a questi livelli, mentre invece fuori dai confini basta leggersi l’intervista all’allenatore dei tedeschi prossimi avversari degli azzurri per rendersi conto di cosa il Napoli stia costruendo e di cosa sia ormai diventato (tanto per capacità gestionali/imprenditoriali, quanto per doti tecnico/calcistiche) agli occhi degli osservatori del calcio europei e mondiali.
Ma tant’è.
Si badi bene, non tutto è oro quello che luccica, perché ieri sera il Napoli ha subito, molto più di quanto sia apparso, non poco da parte di una squadra che non è apparsa eccelsa e davanti alla quale, tuttavia, ci si è talvolta fatti trovare impreparati in talune fasi di gioco, anzi di cosiddette transizioni negative (eccessiva distanza tra le linee, tempi non perfetti, specie nella catena difensiva a due di destra, nelle difese preventive e nelle chiusure sugli esterni avversari cercati con repentini cambi di gioco proprio per cercare quelle situazioni di uno contro uno a cui ci si sta riferendo).
Ma è comunque stata una partita in cui il Napoli ha dato un’ennesima prova di grandezza.
Tante le cose che fanno impressione: negli occhi di chi scrive, tra le altre, c’è quella relativa all’ultima azione avversaria del primo tempo.
Su un contropiede innescatosi (proprio allo scadere del recupero) da un calcio d’angolo per il Napoli, sull’unico attaccante del Sassuolo a cui il pallone era stato lanciato nello spazio per provare l’uno contro uno contro Lobotka, tanto quest’ultimo, quanto i suoi compagni fanno capire di cosa si stia parlando quest’anno, per tempra, efficacia degli schemi e prestazioni dei singoli.
Lobotka è quello che sulle azioni di calcio d’angolo a favore Spalletti tiene a copertura del campo (appunto per azioni di ripartenza avversarie), in posizione da ultimo uomo: nell’azione in esame, si capisce perché.
Lo slovacco da un lato non ha capacità aeree e, purtroppo (unica sua pecca in fase offensiva) non sembra avere nel tiro da fuori una soluzione di gioco mortifera per gli avversari (la scelta sembra quindi obbligata a contrario); dall’altro lato, tuttavia, ha una frequenza di passi negli scatti davvero impressionante, ed inoltre ha quella grande freddezza e tecnica di base che gli consente di addomesticare ogni seconda palla dovesse capitare nei suoi piedi in caso di ribattute difensive avversarie (e quindi la scelta è ben ponderata in positivo).
In quell’azione, Lobotka si lancia nell’uno contro uno a contrastare l’avversario lanciato verso il pallone calciato lungo nello spazio dietro al centrocampista del Napoli, e quando quest’ultimo lo ha già recuperato (appunto, grazie ad una velocità che non gli si fa propria, ma che Spalletti ha ben ponderato), ecco che comunque sono già lì a dargli manforte (dopo una progressione di almeno 50 metri l’uno) Elmas e Di Lorenzo.
E siamo alla fine del primo tempo sul 2 a 0 per il Napoli.
Concentrazione che non scema mai, quindi, anche grazie ad un allenatore di carisma che per tutta la partita (in modo deciso, non in modo urlato e sbraitato come pure si è visto fare a Napoli negli anni precedenti) comunica ai suoi giocatori di pretendere un’abnegazione che va al di là del risultato acquisito o della posizione di classifica quasi inattaccabile.
Se è vero, come è vero, che il calcio è un gioco di squadra, è anche vero che è proprio grazie a situazioni come quella sopra descritta a titolo di esempio che si vincono i campionati: fare partite in cui non esistono vuoti, questo l’obiettivo (ad oggi raggiunto) di Spalletti.
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Il primo gol è uno dei più belli che ho visto fare negli ultimi mesi, un gol che contiene almeno 5/6 spunti di analisi per quanto sia stata eccezionale l’esecuzione che lo ha prodotto.
In sintesi, Kvaratskhelia riceve sulla metà campo un pallone da Oliveira: subito gli dà un colpo sotto per farlo passare sopra la gamba dell’avversario che sta cercando di anticiparlo (fuori uno), poi lo controlla a seguire già direzionato verso la porta (e mancano 60 metri!), dribbla il secondo avversario cambiano piede e spostando il pallone ad uscire con il sinistro (fuori due), dopo di che accelera e si invola verso l’area del Sassuolo, lungo un tragitto in cui gli avversari avversai rinculano senza affrontarlo perché sanno che verrebbero bevuti come birilli.
Non appena arrivato al limite dell’area, nell’accentrarsi lascia partire un tiro con cui incrocia la direzione contraria a quella in cui sta andando il portiere (che forse si aspetta il solito tiro a giro sul palo lontano?), lo prende in contropiede e fa gol.
Con un tiro che a chi scrive ha ricordato, per concetto ed esecuzione), quello di Roberto Baggio contro la Cecoslovacchia nei mondiali del ’90.
Fino a qui la sintesi, ed è tutto ok.
Ma se si viviseziona nei particolari l’azione, ebbene ci si accorge di come la stessa possa essere ben articolata in almeno 4 differenti sotto-categorie di scelte e gesti tecnici che la compongono.
E ci si accorge di come sempre nella stessa possano trovarsi tutte le doti che un fuoriclasse può declinare in una decina di secondi.
Innanzitutto, i gesti tecnici.
Il pallonetto (tocco dolcissimo nel primo controllo) iniziale per evitare l’intervento del primo giocatore del Sassuolo, con cui il campione georgiano, che già sa cosa fare e quando farlo prima ancora di ricevere la palla, disinnesta la pressione avversaria si confeziona il campo libero in cui andare a puntare l’area del Sassuolo.
Poi il secondo dribbling sul secondo avversario che va ad affrontarlo: come detto, è un dribbling che Kvaratskhelia esegue con una facilità ed una delicatezza incredibili per la zona di campo in cui si trova e la velocità a cui sta andando, ed è un dribbling che effettua con l’altro piede (non il suo, si badi bene: il sinistro), danzando sulla palla e cambiandolo repentinamente rispetto a quello con cui fino ad allora stava conducendo il pallone (il destro).
Un dribbling eccezionale, anche perché funzionale a continuare a puntare la porta nonostante il georgiano sia distante da essa ancora 45 metri.
I fenomeni conoscono un solo principio: applicare (ricordate?) il bello all’essenziale, incuranti del mezzo (destro o sinistro è indifferente) perché consapevoli che questo mai sarà per loro un problema.
Fino a quel momento allora Kvaratskhelia stava correndo a falcate lunghe, perché intento a guadagnare campo dietro a davanti a lui: da quel momento in poi, si badi bene, accorcia la frequenza dei passi perché sa che l’azione è entrata in un’altra fase.
Sta, infatti, avvicinandosi all’area di rigore, sa che lì dovrà affrontare la linea orizzontale della difesa avversaria, e quindi sa che a quel punto si crea quasi una guerra di nervi, una partita a scacchi.
Gli avversari sanno che se uno di loro rompe la linea ed esc all’improvviso per affrontarlo, lui può dribblarlo con grande semplicità (perché tra le sue doti innate c’è quella di spostare il pallone all’ultimo, cioè un nano secondo prima dell’intervento avversario) ed a quel punto è in porta.
Ma gli avversari sanno anche che se continuano a retrocedere in quel modo, se lo portano in area, anzi fin sotto al portiere.
La linea difensiva avversaria, insomma, non sa cosa fare, ed il campione georgiano lo comprende benissimo.
Kvaratskhelia continua pertanto ad approfittare, sempre con questa frequenza di passi ridotta, dell’indecisione dei difensori del Sassuolo fino a che può, usando il movimento intelligentissimo che Osimhen fa per portare via l’uomo del possibile raddoppio, avvicinandosi al punto di scoccata sempre di più e nel frattempo accentrandosi verso il punto mediano del limite dell’area, perché sa che così il portiere lo seguirà ed andrà a coprire sempre di più il palo fino a quel momento lontano.
E proprio quando sa che spazio e tempo sta per non averne più, perché sta avvicinandosi troppo al suo diretto marcatore, Kvaratskhelia lascia partire un tiro (con la solita torsione dell’anca ed il solito schiaffo fortissimo dato al pallone con il mezzo collo del piede destro) ad incrociare, cioè sul palo opposto da cui il portiere si è allontanato e verso cui non potrà più avvicinarsi.
Il prodotto è quello che Kvaratskhelia ha iniziato ad immaginarsi pochi secondo prima, quando aveva già pensato a tutto questo: la palla rotola in rete con Consigli che si siede per terra senza nemmeno provare ad intervenire, quasi come un gesto di resa all’idea del fenomeno georgiano.
Un’azione pazzesca, un gol pazzesco.
La consapevolezza di stare assistendo ad uno spettacolo tecnico che è già storia del Napoli.
Il secondo gol è bellissimo, anche se siamo già più nel girone degli umani.
Rrahmani porta palla all’altezza del centrocampo, ciò che dà l’idea della forza della squadra, in cui la linea difensiva, in fase di possesso, galleggia sempre ad almeno 40 metri di distanza dalla propria porta.
Vede il solito spazio (quello tra esterno basso e primo difensore centrale avversario) dietro la linea difensiva del Sassuolo, che Osimhen sta già come al solito per andare ad aggredire.
Il difensore kosovaro lancia dunque il pallone in quella zona, e l’attaccante nigeriano scatta per andare a prenderlo.
Sembra una delle solite azioni in cui Osimhen sembra, a sua volta, quasi in ritardo rispetto agli avversari, ma invece il centravanti arriva a controllare la palla prima dei difensori che gli si oppongono, in una zona del campo che appare tuttavia innocua.
Ma lì succede l’incredibile.
Perché Osimhen una volta che stoppa e controlla il pallone, lavora di braccio tenendo lontano il proprio marcatore, si porta la palla, allargandosi dalla luce della porta, sul piede destro in modo da calciarla ed all’improvviso (non a tiro completamente caricato, e qui sta l’ennesima difficoltà dell’esecuzione) lascia partire una saetta a metà altezza che va ad infilarsi in rete tra Consigli ed il suo palo.
C’è, in effetti, un po’ di complicità avversaria, chi lo nega: la questione, tuttavia, è che nessuno si sarebbe aspettato – e questo è un bene, vuol dire che ancora si sottovaluta il Napoli nel suo insieme e nei suoi effettivi – anche solo il pensarlo un tiro del genere, roba da centravanti di livello mondiale.
La partita a quel punto è finita, sebbene ci sia ancora il tempo sia per vedere una palla strepitosa che Kvaratskhelia dà al suo “gemello” nigeriano (di prima, d’incontro e nello spazio dietro la linea avversaria) con cui lo mette a tu per tu con il portiere, sia per vedere ancora una volta un gol (bellissimo, per crosso al bacio di Lozano e tempismo del centravanti argentino) di Simeone che sebbene annullato fornisce un ulteriore chiaro indice della forza non solo del Cholito (uno dei miei preferiti, devo ammetterlo) ma anche di una “rosa” eccezionale.