Robinho fu condannato condannato in via definitiva in Italia per lo stupro di gruppo di una donna avvenuto nel 2013. Al momento è libero
La condanna per stupro a nove anni di reclusione comminata della giustizia italiana all’ex Robinho, deve essere omologata dalle istituzioni del Brasile e l’imputato dovrà scontare la pena nel suo Paese.
È quanto afferma la procura federale del Brasile: «Non ci sono restrizioni al trasferimento dell’esecuzione della pena inflitta ai nativi brasiliani. Per questo, l’imputato Robinho deve essere convocato per partecipare al procedimento», si legge nel documento firmato dal sostituto procuratore, Carlos Frederico Santos.
Robinho fu condannato condannato in via definitiva in Italia per lo stupro di gruppo di una donna avvenuto nel 2013. A carico dell’ex attaccante del Brasile, emersero delle intercettazioni telefoniche in cui sembrava dileggiare la vittima.
La scorsa settimana la presidente della Corte superiore di giustizia aveva evidenziato che, da un esame preliminare, «la richiesta della giustizia italiana e del ministro Carlo Nordio soddisfa i requisiti per il riconoscimento della sentenza del Paese europeo», inviando la richiesta di parere all’Mpf.
Al momento l’atleta è libero nel suo Paese che ha negato l’estradizione all’Italia sulla base dell’articolo 5 della Costituzione brasiliana. L’articolo sopracitato vieta l’estradizione dei cittadini nazionali. Qualora le autorità brasiliane omologhino la sentenza, passata in giudicato, il calciatore potrebbe scontare la pena in Brasile.
La violenza sessuale è avvenuta a Milano, in un appartamento in zona Bicocca, il 22 gennaio 2013. La condanna in primo grado risale al 2017, ed era già stata confermata in Appello a Milano. Nel 2020, per sfuggire anche alle accuse, il brasiliano era tornato in patria, al Santos, accettando un compenso da 230 euro al mese, ma era stato licenziato nel giro di qualche mese.