Ha plasmato un Napoli non dogmatico: mette Osimhen nelle condizioni di essere determinante senza trascurare il talento di altri giocatori
La tattica al servizio dell’individualità
Pochi minuti dopo la fine di Sassuolo-Napoli 0-2, nel suo commento a caldo, Massimiliano Gallo ha scritto che «Osimhen e Kvaratskhelia sono tanto di questo Napoli». Niente di inesatto e niente di esagerato: se la squadra di Spalletti ha creato una voragine tra sé e tutte le altre avversarie in Serie A, i meriti principali vanno ascritti ai calciatori migliori della rosa. A Osimhen e Kvaratskhelia, in primis. A Lobotka, a Kim Min-jae, ad Anguissa. E pure a Di Lorenzo, Meret, Elmas. Da parte sua, però, Spalletti ha un merito forse meno evidente, ma di estrema importanza: ha ideato e costruito un sistema tattico che si mette al servizio delle individualità. Che stimola – anzi: esalta – i giocatori senza soffocarli dentro i dogmi.
Per capire cosa intendiamo, dobbiamo partire dai due gol segnati dal Napoli. Da quelle che a prima vista sembrano due azioni personali, anche un po’ individualiste se vogliamo. In realtà è proprio così, ma prima, dietro, c’è un lavoro di creazione e di costruzione che, in qualche modo, ha apparecchiato la tavola di Kvara e Osimhen. E si tratta di un lavoro concertato e portato avanti da Spalletti, di un lavoro di connessioni e movimenti collettivi che, almeno in Serie A, non ha emuli, per quanto è sofisticato, moderno, anche incontenibile. E quindi partiamo dalla prima azione:
Una serpentina pazzesca, sembra uno slalom speciale
Tutto inizia con una dinamica tattica elementare, ormai metabolizzata dalla massa: la salida lavolpiana del centromediano, ovvero Lobotka che viene a mettersi in mezzo ai due centrali in modo che l’impostazione da dietro possa avvenire con tre uomini. In questo caso, più che per agevolare il possesso, questo meccanismo serve a muovere la fase difensiva del Sassuolo, che Dionisi – almeno in questa partita – ha fondato sulla ricerca dei duelli individuali a tutto campo.
La salida lavolpiana di Lobotka
Basta guardare il secondo frame, sotto, per rendersene conto: i due centrali del Napoli sono gli unici giocatori liberi da marcature dirette; Lobotka, di solito seguito da Maxime Lopes, viene schermato da Defrel; Frattesi è su Elmas, Matheus Henrique e Maxime Lopes (rimasto basso) seguono Anguissa; Olivera viene braccato da Zortea e Kvara viene seguito da Erlic fino alla linea di metà campo.
Il Sassuolo uomo su uomo
Infine, e qui sta la genialità tattica di Spalletti, c’è Laurienté su Di Lorenzo. Compaiono solo all’improvviso nell’inquadratura, ma è evidente che il terzino del Napoli si trovi in realtà nella posizione di mezzala. Nelle rotazioni, in pratica, il difensore laterale destro in maglia azzurra è andato a occupare lo spazio che in teoria sarebbe di Anguissa, solo leggermente più largo. Il camerunese, si vede quando compaiono anche Di Lorenzo e Laurienté, è venuto ad accorciare per creare la voragine a centrocampo. Quella voragine che Kvara viene ad attaccare e da cui parte per divorarsi il campo. Fino a realizzare il gol del vantaggio.
Nel primo frame, in alto, c’è un cerchio rosso: all’interno ci sono Di Lorenzo e il suo marcatore diretto, Laurienté. Nel frame sopra, si vede il buco tra difesa e centrocampo creato – anzi: determinato – dal possesso del Napoli. Laurienté è l’uomo che accorcia su Kvaratskhelia, ma inutilmente.
La voragine che vedete sopra si crea anche perché, nel frattempo, Victor Osimhen è rimasto alto, in avanti. A galleggiare sulla stessa linea della difesa del Sassuolo. Anche questa sua non-presenza è una parte del piano di Spalletti. Che, mentre col possesso e con gli scambi di posizione prova a manipolare il castello delle marcature avversarie, si tiene sempre la possibilità di riserva: lanciare lungo, in verticale, sul suo centravanti. Questa teniamola buona, ci servirà. E ora torniamo a parlare di Kvara, di un gol che è tecnicamente accecante ma è anche tattico. E basta guardare la mappa dei suoi palloni giocati per capire il senso di questa frase:
Il Napoli, in questo campetto, attacca da destra verso sinistra
L’esterno georgiano è venuto dentro il campo tantissime volte, si vede chiaramente nel campetto sopra. Altre volte è rimasto largo per favorire la sovrapposizione interna di Olivera, assecondando un’altra dinamica tattica introdotta da Spalletti e che ormai fa parte del corredo genetico del Napoli. Ma il punto è proprio questo: è difficilissimo prevedere quello che farà la squadra azzurra, quindi è praticamente impossibile trovare le contromisure, o anche solo le pezze necessarie per evitare di subire gol. O, comunque, di concedere occasioni nitide.
Il gol di Osimhen
Per analizzare l’altro gol, quello di Osimhen, bisogna partire da ciò che abbiamo messo da parte poche righe fa: il lancio in profondità come alternativa sempre possibile per il gioco del Napoli. Lo dicono i numeri, non è una sensazione: al termine della sfida giocata al Mapei Stadium di Reggio Emilia, la squadra di Spalletti ha tentato per 58 volte il passaggio a lunga gittata. E allora vediamolo, questo lancio che ha permesso a Osimhen di realizzare un gol che è una pura espressione di strapotere fisico:
È dura pensare di contenere Osimhen, anche solo provare a farlo
Dal punto di vista tecnico, c’è poco da aggiungere alla potenza delle immagini. È importantissimo, però, notare e perciò segnalare gli enormi progressi fatti da Osimhen nella coordinazione al momento del tiro, nella capacità di trovare sempre l’angolo, la posizione, quindi il modo migliore per battere a rete. Certo, in questa occasione Consigli ci mette del suo, coprendo malissimo il primo palo. Il problema, però, è che il portiere del Sassuolo si aspettava evidentemente il cross. E invece, proprio in virtù dell’incredibile sviluppo vissuto nell’ultimo anno, Osimhen è riuscito a disegnare una conclusione fortissima e precisa, anche quando sembrava francamente impossibile.
Passando a un’analisi squisitamente tattica, c’è da dire che questa è un’azione assorbita proprio male dal Sassuolo: manovra statica del Napoli dopo un calcio piazzato, difesa e centrocampo a dir poco slegati, scappata all’indietro gestita malissimo dai due centrali. Il punto, però, è che Victor Osimhen tiene costantemente all’erta, mentalmente sotto scacco, i suoi avversari diretti. Come abbiamo notato in precedenza, la sua presenza costante nel cuore della difesa avversaria è come una sirena d’allarme sempre in funzione, come la famosa goccia d’acqua delle torture cinesi: tiene sempre alta la tensione, crea disagio, e alla lunga chi deve marcarlo e/o contenerlo finisce per affaticarsi. Per rendersi più vulnerabile agli errori.
Esattamente come era accaduto pochi minuti prima a Tressoldi: su un altro lancio lungo da dietro, sempre di Rrahmani, il centrale brasiliano del Sassuolo era andato completamente a vuoto nel duello aereo con Osimhen. Un salto sbagliato in modo grossolano indotto da Osimhen, dal suo modo di distruggere psicologicamente gli avversari che provano a fronteggiarlo.
I numeri di Osimhen
Questo modo di giocare si è tradotto, a Reggio Emilia e in tutto il campionato, in un dominio così netto che è testimoniato anche dai numeri, dentro i numeri. Ne snoccioliamo alcuni: in meno di 84 minuti di gioco, Osimhen ha messo insieme 9 tiri tentati verso la porta avversaria. Tutti sono stati scoccati dall’interno dell’area di rigore, solo uno è arrivato da un’azione non manovrata. Come se non bastasse, il centravanti nigeriano del Napoli ha messo insieme 3 dribbling riusciti, ha vinto un duello aereo, ha guadagnato una punizione e ha anche cercato il cross per 2 volte.
Tutti i palloni giocati da Osimhen
E da qui, grazie a questi numeri, possiamo partire per tornare al concetto precedente: Spalletti ha plasmato un Napoli che mette Osimhen nelle condizioni di essere così influente, così determinante. Il tutto, senza però inibire o mettere in secondo piano il talento – e quindi le inclinazioni tecnico-tattiche – di altri giocatori. È una rivoluzione, se guardiamo al passato recente: l’organico del Napoli è decisamente più coerente rispetto a quello delle ultime stagioni, e allora per l’allenatore è più facile trovare i compromessi necessari per far rendere tutti al massimo. Nel caso di specie, si tratta di un’alternanza continua tra gioco di possesso e gioco diretto, iper-verticale. Nel nome della qualità dei giocatori in rosa, nel nome di Osimhen.
Il sovraccarico
Un altro meccanismo che si è visto molto spesso a Reggio Emilia, così come nel resto delle partite giocate in questa annata così scintillante, è quello relativo al sovraccarico in zona palla. Se guardiamo alle manovre di possesso puro, alle azioni in cui il Napoli risale il campo sfruttando la trasmissione del pallone su tracce bravi, è uno degli strumenti più utilizzati, è una sorta di marchio di fabbrica della squadra di Spalletti. E consiste, semplicemente, nello spostare molti uomini sul lato in cui si sta sviluppando il gioco, indifferentemente da quelle che sono le posizioni “imposte” dallo schieramento – anche solo teorico – scelto da Spalletti. Qualche immagine serve a capire cosa intendiamo:
Cinque, cinque e quattro uomini intorno al pallone
In questi tre momenti, Lobotka, Anguissa e Elmas non sono più il pivote e le due mezzali. Sono piuttosto tre centrocampisti che si scambiano continuamente la posizione, che determinano superiorità numerica e creano tante linee di passaggio in spazi stretti. È un modo per consolidare il possesso, per muovere gli uomini e il pressing dell’avversario. Ma è anche – se non soprattutto – un modo per creare il cosiddetto lato debole, cioè per svuotare una zona del campo offensivo. Per capire, basta guardare le voragini che si vengono a creare dall’altro lato rispetto a dove si concentrano i giocatori in maglia azzurra.
Questo meccanismo, che si ripete in maniera continuativa nel corso della gara, è attuabile perché tutti i centrocampisti del Napoli – anche Zielinski e Ndombélé, ovviamente – possiedono il fisico, la tecnica, l’intuitività calcistica che servono interpretarlo. Per renderlo utile, efficace, sia come strumento di costruzione del gioco, sia nei momenti in cui il possesso del Napoli ha una natura più conservativa, se non addirittura difensiva.
Il Sassuolo
In tutto questo, va sottolineata anche la buonissima prova offerta dal Sassuolo di Dionisi. Una squadra mai speculativa, capace di creare occasioni anche nitide, anche pulite, in diverse fasi della partita. Merito, come detto, di un atteggiamento propositivo, ma anche della qualità dei singoli – Frattesi e soprattutto Laurienté prima di tutti – e di un sistema di gioco arioso ma anche sofisticato, in grado di accendere con buona continuità il talento degli esterni.
In questo senso, è inevitabile tornare su Laurienté, che ha messo in difficoltà Di Lorenzo – il capitano del Napoli ha offerto una delle prestazioni difensive più svagate della stagione – per tutta la partita. Non a caso, viene da dire, il Sassuolo ha costruito il 37% delle sue azioni sulla fascia sinistra occupata da Rogério e dal francese, autore di 4 passaggi chiave e creatore delle azioni più pericolose dei neroverdi. A cominciare dal palo colpito pochi istanti dopo il gol di Kvaratskhelia.
Come detto anche da Spalletti nel postpartita, era impossibile pensare di dominare tutta la partita in casa di una squadra che ha certe individualità e un progetto tattico così efficace. Il punto, ed è questa la grande notizia arrivata da Reggio Emilia, è che il Napoli ha concesso un numero non basso di conclusioni (11) ma non ha mai dato l’impressione di smarrire il controllo della gara. Ha sofferto sul suo lato destro, e infatti da lì sono arrivati ben 6 dei 9 tiri non respinti, ma è riuscito a non disunirsi. A non perdere solidità, anche se il Sassuolo continuava ad andare da quella parte. Soprattutto alla vigilia della Champions, di partite in cui le qualità individuali degli avversari e la loro intensità di gioco saranno uguali se non superiori a quelle mostrate dai calciatori di Dionisi, si tratta di un segnale importante.
Conclusioni
È raro, anzi rarissimo, che una squadra di calcio vinca in maniera fortuita. Il fatto che possa riuscirci per 18 partite su 19, poi, rende impossibile qualsiasi rimando alla casualità. Ecco perché Spalletti, pur nell’ambito – l’abbiamo detto – di una prestazione un po’ meno dominante e un po’ più sofferta rispetto ad altre fare di quest’anno, si è detto molto soddisfatto del suo Napoli. Allo stesso modo, è impensabile anche solo ipotizzare di mantenere un rendimento sempre alto in tutte le partite della stagione. E poi ci sono anche le squadre avversarie e i loro giocatori: alcune possono rendere la vita difficile a chiunque, e il Sassuolo appartiene a questo gruppo. Non a caso, viene da dire, aveva già battuto Milan e Atalanta nell’ultimo mese.
I tre punti conquistati a Reggio Emilia, anche in virtù del fatto che Spalletti ha cambiato tre elementi dell’undici titolare dopo due mesi di ricorso quasi esclusivo a un certo gruppo di giocatori, hanno dunque un valore importante. Significano qualcosa, anche nell’ambito di una Serie A dominata in modo netto, inequivocabile. In realtà, proprio in relazione alle distanze in classifica, il fatto che il Napoli abbia vinto grazie alla tecnica dei suoi migliori giocatori e anche al lavoro tattico di Spalletti è una potente rassicurazione sul futuro: questa squadra non smetterà di crescere, di provare a portare sempre più in là i suoi limiti. Magari perderà qualche gara da qui alla fine dell’anno, probabilmente non raggiungerà la finale e nemmeno la semifinale di Champions, ma difficilmente fallirà per suoi demeriti. Dovranno essere gli altri, gli avversari, a battere il Napoli. A essere più forti degli azzurri. Non sarà un’impresa facile.