Alla Gazzetta: «Se la vicenda societaria ci nuoce? Non posso fare nulla sotto quell’aspetto, perché incazzarmi, dunque?».

La Gazzetta dello Sport intervista l’allenatore della Sampdoria, Dejan Stankovic. Ha debuttato sulla panchina del club l’8 ottobre. Finora ha ottenuto 8 punti: due vittorie (con Cremonese e Sassuolo in trasferta), due pareggi e nove sconfitte.
Si immaginava di trovare una situazione così complicata? E se n’è mai pentito? Stankovic:
«Pentito, io? Sono fiero di essere qui. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Sarebbe bastato un attimo: “Non ce la faccio, vado via”. Invece il buon marinaio non si vede con il mare piatto, ma quando è in tempesta. Le dirò di più. Sarei venuto qui anche se la Sampdoria fosse stata in una situazione peggiore. Mai avrei potuto dire di no. Lottare ti fortifica, e ogni giorno vado sempre più fiero dei miei ragazzi. Il mio primo giorno qui dissi alla squadra: “La maggior parte delle volte mi servirà l’uomo, prima che il giocatore. Ecco, posso garantire che qui ho degli uomini».
La svolta è stata il ritiro in Turchia? Stankovic:
«Due settimane insieme a lavorare, isolati da tutto, abbiamo fatto il salto di qualità. Là siamo diventati una squadra».
La vicenda societaria vi nuoce? Stankovic:
«Le faccio io una domanda. Secondo lei posso fare qualcosa sotto questo aspetto? Risposta: penso di no. Perché incazzarsi, dunque? Il mio compito è proteggere il più possibile i ragazzi dal mondo esterno. Immagini un teatro: i ragazzi sono in prima fila seduti in platea, dove prima stavo anche io. Ma ora sono dietro le quinte e so che fra poco lo sfondo cambierà. Dunque, alla squadra dico di non arrabbiarsi e di non perdere tempo. Quando ero alla Lazio sono passato dal piano Baraldi, una fase di transizione, ma poi la situazione si è sistemata e la Lazio è ripartita».