A La Stampa: «Riccardo Fogli mi rincuorava: “Non mollare, prima o poi ce la farai pure tu”. Vita spericolata? La canzone più fraintesa della storia»
Domani «Vita spericolata» compie 40 anni. Vasco Rossi la cantò per la prima volta al Festival di Sanremo il 3 febbraio 1983. Ne parla a La Stampa.
«Era una canzone nata dalla sbornia di ottimismo probabilmente ingenuo degli Anni Ottanta, che veniva dopo la grande illusione del sogno di poter cambiare il mondo o almeno il sistema che metteva al centro la merce, il profitto, il consumismo, la pubblicità, invece che l’uomo. Con la sconfitta dei Settanta e il delirio delle Brigate Rosse, s’era infranto tutto. Ma poi: chi non vuole una vita spericolata a 30 anni? Una vita piena di avventura… È una delle canzoni più fraintese della storia dell’umanità, è un inno alla vita vissuta spericolatamente, nel senso di intensamente. È venuta fuori dalla mia anima, avevo alle spalle già anni di canzoni e vita sui palchi. Poi finì nell’album “Bollicine”, e dilagarono tutti e due».
Fu lo sberleffo di Vasco Rossi al pubblico sanremese.
«Mi nacque la frase “Voglio una vita spericolata” e poi tutto il resto: per me, quando a un artista arriva una canzone così, poi può anche finire lì la carriera. E ho pensato: “Questa qui la voglio cantare a Sanremo, cantare “voglio una vita maleducata”: era uno sberleffo a tutta la platea a quei tempi molto ingessata e anche a quelli che guardavano da casa. Una canzone che meritava».
Vasco ricorda l’ambiente di Sanremo, in cantanti che si preparavano a cantare.
«C’erano tutti i cantanti che si preparavano, molto attenti a com’erano vestiti. A me sembrava di essere al cinema, in un mondo diverso dal mio. Loro mi guardavano come fossi venuto da Marte e viceversa, senza offendere nessuno. Tanti li avevo visti in tv da piccolo, avevano preoccupazioni diverse dalle mie e volevo dare una scossa. Ancora mi ricordavo che l’anno prima, dietro le quinte, Romina Power mi aveva lanciato un’occhiata eloquente, come se fossi stato l’ultimo degli umani; e il vincitore Riccardo Fogli mi aveva rincuorato: “Non mollare, prima o poi ce la farai pure tu».
In classifica finì penultimo, al venticinquesimo posto. Vasco:
«Sanremo a quei tempi durava 3 giorni, le canzoni si ascoltavano una volta sola, due se arrivavi in finale. La più semplice colpiva. Io ero lì per farmi notare, per dare uno schiaffo a questo mondo imbalsamato. Quelli come me non aspettavano Sanremo per sentire musica nuova, noi ascoltavamo tutt’altro. Il Festival si guardava per i cantanti classici, per vedere l’ultimo look di Romina, Gianni Morandi che ricominciava, le giurie».