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Ventura: «Il mio Mondiale mancato fu una tragedia, nel 2022 è diventato un incidente di percorso»

Al Foglio: «Oggi nel calcio è tutto esagerato, lo guardo ma non mi diverto quasi mai. Il Napoli è bello da vedere»

Ventura: «Il mio Mondiale mancato fu una tragedia, nel 2022 è diventato un incidente di percorso»
Db Torino 06/10/2017 - qualificazione Mondiali Russia 2018 / Italia-Macedonia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giampiero Ventura

Il Foglio intervista Gian Piero Ventura e ovviamente non si può non parlare di Nazionale.

“Della Nazionale preferisco non parlare. Una big, di cui non voglio fare il nome, mi aveva offerto tre anni di contratto. Vi rinunciai per andare là dove mi portava il cuore e quell’amore per la maglia azzurra, che era stato il tratto comune, quasi il refrain, della mia generazione. Ricordo, come parte di me, tutti gli alti e tutti i bassi, i trionfi e le delusioni. L’epopea di Gigi Riva, il gol del 4 a 3 di Gianni Rivera contro la Germania, ma anche, a ritroso, i pomodori lanciati a Marassi contro Edmondo Fabbri, dopo l’eliminazione contro la Corea del Nord ai Mondiali inglesi del 1966. L’azzurro lo avevo dentro di me e per questo amore, tenuto stretto sin da bambino, ho ceduto alle insistenze, mi sono fatto coinvolgere e ho fatto una scelta sbagliata, perché non occorreva un lampo di genio per capire che non ci fossero i presupposti per fare bene”.

Si spieghi meglio.

“Chi vuol capire capisca. Dico solo che in quattro anni, nel commentare due mancate qualificazioni mondiali, si è passati dalla tragedia epocale del 2018 all’incidente di percorso del 2022. Credo che anche da questa abissale differenza si possa intuire come, già al momento di accettare l’incarico, non ci fossero i presupposti necessari”.

Parla del calcio, di com’è cambiato.

Prima erano rapporti umani e strette di mano. Oggi è tutta un’altra cosa. È tutto esagerato. Stefano Pioli in tre o quattro mesi è passato dal migliore al peggiore allenatore italiano. Un tempo c’erano valutazioni meno superficiali e affrettate sulla produttività dei singoli. Oggi, se hai i media a favore puoi permetterti di perdere sette partite senza colpo ferire. Se li hai contro, bastano tre sconfitte e vai a casa. E, poi, è cambiato lo spettacolo. Oggi il calcio è bello da vedere, solo quando lo giochi bene, come il Napoli e a tratti la Lazio e l’Atalanta. Tutte squadre, dove, già prima che ti arriva il pallone, devi sapere dove si trova il compagno a cui lo passerai. Tutto il resto, almeno dal mio punto di vista, è una gran noia. Si scimmiotta quello che fanno gli altri, senza un gesto o un’idea originali. Il calcio lo guardo, ma non mi diverto quasi mai. Sono in pace con me stesso. Sarò anche supponente, ma al calcio ho dato tutto quello che avevo: testa, cuore, passione, onestà, impegno e determinazione”.

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