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«Conte al Tottenham ha lasciato solo rabbia, Pochettino creava ricordi» (Il Guardian)

Per il Telegraph invece il problema è che gli Spurs “vivono nella perenne speranza di un miracolo. Ma sognare il successo e pianificarlo sono due cose molto diverse”

«Conte al Tottenham ha lasciato solo rabbia, Pochettino creava ricordi» (Il Guardian)
Tottenham Hotspur's Italian head coach Antonio Conte reacts during the UEFA Champions League round of 16 second-leg football match between Tottenham Hotspur and Milan AC at Tottenham Hotspur Stadium in London on March 8, 2023. (Photo by JUSTIN TALLIS / AFP)

“Una gara di sprint nelle sabbie mobili”. Così il Guardian descrive l’avventura appena terminata di Conte al Tottenham. Provando a spiegarsi il fallimento del tecnico italiano con una serie di domande del tipo “è nato prima l’uovo o la gallina?”:

«Cosa è venuto prima al Tottenham? L’angoscia e l’impazienza dei tifosi per la mancanza di vittorie? O l’incapacità dei giocatori di far fronte alla pressione dei tifosi che accende l’angoscia e l’impazienza?»

Per Antonio Conte questo stallo s’è tramutato in una mission impossible. Secondo il Guardian “Conte è rimasto vittima della sua reputazione di vincitore seriale, un po’ come uno dei suoi predecessori, José Mourinho”. “Con Conte non c’erano sfumature di grigio. O tutto o niente. E questo non è stato il caso di altri manager dell’era Levy. Harry Redknapp e Mauricio Pochettino non hanno vinto ma, in un senso più ampio e romantico, lo hanno fatto, portando i tifosi in viaggio, giocando con un certo stile, creando ricordi. In particolare Pochettino, che ha raggiunto la finale di Champions League”.

Il punto è che “i tifosi degli Spurs non sono più impazienti di quelli degli altri grandi club. Se vedono un progetto, se possono godersi le partite, saliranno a bordo. Questo è in definitiva dove Conte ha fallito. I trofei sono una possibilità per quasi tutti i club inglesi. Il tifo degli Spurs non se li aspetta. Quello che chiedono – abbastanza legittimamente – è l’unità, l’altruismo e la prospettiva dell’eccitazione”.

Secondo il Telegraph la questione ambientale è preminente: “Conte pensava di poter fare ciò che nessun altro allenatore ha fatto al Tottenham. Ma non è riuscito a cambiare la mentalità di un club e di un presidente che per tanto tempo si sono accontentati del secondo posto. Le ambizioni del Tottenham non vanno oltre la qualificazione a una competizione redditizia, in cui ha pochissime possibilità di vincere, il che racconta ai tifosi tutto ciò che devono sapere su dove risieda la motivazione. Il Tottenham vive nella perenne speranza di un miracolo”. “Ma sognare il successo e pianificare il successo sono due cose molto diverse e gli allenatori del Tottenham si ritrovano presto a vivere in un brutto sogno, dove la percezione non incontra la realtà”.

“Conte si è sempre sentito a disagio – continua il Guardian – le sue richieste, il suo modus operandi, la sua stessa impazienza in contrasto con il modo in cui Levy ha avuto la tendenza a operare. Anche in questo caso c’erano parallelismi con Mourinho. La speranza era che i buoni risultati avrebbero prevalso su tutto”. E invece.

Conte, scrive ancora il Guardian, “ha dato l’impressione di comprendere due tipi di amore. Duro e più duro. Fin dall’inizio ha predicato un vangelo di sacrificio e sofferenza; la necessità di un’immersione 24 ore su 24, 7 giorni su 7 nella missione”. E all’inizio lo hanno seguito “con uno zelo quasi religioso”. Poi l’ambiente si è stancato.

Il Guardian sottolinea anche le incongruenze di Conte: “ha più volte parlato della necessità di tempo e pazienza; come questa squadra non fosse pronta per vincere. Perché allora ha firmato un contratto di 20 mesi solo se vincere era l’unico obiettivo? Il desiderio di Conte di caricare il turbo verso la gloria è sempre sembrato un pio desiderio; vivere al rialzo del suo ciclo tipico: arrivo, investimento enorme, trofei”.

Poi “l’italiano avrebbe vissuto il suo solito lato negativo – l’acrimonia, la sfilacciatura delle relazioni – e, alla fine, gli aspetti negativi hanno prevalso. Il calcio rigido e prevedibile; la mancanza di spinta in avanti. E con lui sono migliorati pochi giocatori”.

 

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