La seconda stagione della serie tv “Incastrati” ricalca i cliché del duo comico l’unico forse rimasto in Italia di un certo livello

A pochi giorni dal rilascio su Netflix il duo comico siciliano di Ficarra&Picone sono già secondi su Netflix – dopo il long-seller “Mare fuori” – con la seconda stagione di “Incastrati” la serie che già un anno fa a gennaio spopolò sul servizio streaming e che ha avuto anche un passaggio generalista nel dicembre del 2022 su Canale 5. Anche la seconda è stata scritta dagli stessi Salvatore Ficarra e Valentino Picone – aiutati nella sceneggiatura da Fabrizio Testini, Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli –: anche se dà sempre l’impressione di essere un loro film spezzettato, pur se più lungo di un lungometraggio classico.
Avevamo lasciato Salvo (Salvatore Ficarra) e Valentino (Valentino Picone) operai di una ditta di riparazioni a domicilio di elettrodomestici alle prese con lo stolido killer Tonino “Cosa inutile”’(Tony Sperandeo) che su una strada panoramica in una Palermo infuocata da una controra sta per ucciderli… Ma un colpo di scena – la risurrezione di Padre Santissimo (Maurizio Marchetti) – li fa salva la vita anche se ritornano ad essere “incastrati” nei meccanismi di una mafia rurale, ma mortale. I due vengono utilizzati per estorcere informazioni sulle indagini svolte dall’ispettrice Agata (Marianna Di Martino) fidanzata di Valentino. Colpi di scena, gag, risate a go-gò innervano la narrazione drammatica, mentre i due fanno il doppio gioco costretti dalla cattura della madre di Valentino da parte della Cupola. Salvo – che si è separato da Ester (Anna Favella), la sorella di Valentino – è il più appaurato dei due, ma le circostanze si fanno tragiche mentre Agata ed il Procuratore Nicolosi (Leo Gullotta) lottano contro una talpa.
Il finale lo lasciamo agli spettatori: la serie “Incastrati” ricalca invero i clichés del duo comico – l’unico forse rimasto in Italia di un certo livello – che in film come “La stranezza” di Roberto Andò ha dimostrato con la loro interpretazione di essere attori tout-court, “eredi di quella tradizione di guitti che raggiunse la perfezione nazionalpopolare con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia”. Sarebbe bello vederli in film drammatici con testi di livello.