Il passaggio sull’azione dell’1-0 è arte pura, una giocata alla Xavi. E Politano ricordi: non si chiamano i palloni a Lobotka, è offensivo
Io continuo a ritenere che ci sia modo e modo di raggiungere i risultati.
Modo e modo di fare la storia.
Arrivare, per la prima volta in 97 anni, ai quarti di finale di Champions League così, dando 5 gol (e non subendone nessuno) alla tua diretta avversaria, e soprattutto dando questa prova di forza – meglio: di controllo assoluto della partita e di voglia di non cedere un millimetro di spazio anche a risultato mai messo in dubbio – vuol dire arrivarci in modo superlativo.
Il Napoli è una squadra dai valori tecnici di prim’ordine, che davvero possono tranquillamente stare pressoché accanto a quelli che esprimono le più serie candidate a vincere la Champions League.
Ma soprattutto, cosa non da poco visto ciò che caratterizza il contesto europeo in cui si svolgono le sfide al vertice, ed anzi cosa che rappresenta l’assoluta novità del pur ottimo Napoli di questi ultimi dieci anni, è una squadra con valori fisici (assolutamente sottovalutati nell’analisi delle partite della squadra azzurra) impressionanti.
Si contano sulla punta delle dita i contrasti persi nell’arco della partita, mentre si arriva a decine di contrasti vinti o di palle contese o di seconde palle che il Napoli fa sue/suoi.
Il Napoli ha difensori in grado di reggere tanto l’urto dei saltatori avversari (con Kim non c’è quasi mai partita), quanto la sfida in campo aperto che pure può verificarsi quando hai sempre tu il pallone ed hai pressoché tutti gli uomini oltre la linea del pallone; ha saltatori di testa quasi imbattibili (si considerino la gran quantità di gol fatti dal suo centravanti in questo modo, così come la gran quantità di gol segnati in seguito a battute di calcio d’angolo), e soprattutto giocatori che vanno a riempire l’area fisicamente disarticolando le difese posizionali avversarie (si guardi il movimento di Anguissa sul gol di Osimhen); ha giocatori che hanno una velocità di scatto ed accelerazione utilizzato per riposizionarsi in seguito alle palle perse che ha pochi eguali in Europa.
Ecco, a mio parere è tutto questo che sta facendo la differenza quest’anno, seppure in ovvio combinato disposto con tutte le altre doti tecnico/tattiche (oltre che funamboliche) che la squadra esprime: l’aversi a che fare con una squadra che il tipo di calcio contemporaneo lo domina anche sotto il profilo fisico.
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Il primo gol si sviluppa in seguito ad una (seconda) palla che sembra del tutto innocua in quella zona del campo, oltre che in quella fase della partita, e che invece si mostra letale per come il Napoli ha già in mente di utilizzarla e per come l’Eintracht non riesca nemmeno a capire cosa stia accadendo.
Rrahmani, come spesso accade quest’anno, in una posizione (per zona e fase di gioco) più da braccetto di una difesa a 3 che da centrale di difesa a 4, si trova vicinissimo alla linea del fallo laterale di destra perché sta salendo per aiutare la catena di destra nella costruzione dell’azione.
Riceve il pallone e subito lo calcia forte sulla figura di Anguissa (all’evidente scopo di cercare la sua sponda di testa e direzionare così il pallone a Politano).
La palla è tuttavia un po’ troppo alta, e quindi supera lo stesso Anguissa per andare a carambolare sul corpo di un centrocampista avversario che sta subito dietro il camerunense.
Questo rimpallo fa, come accennavo, rimbalzare il pallone in una zona che sembra di nessuno, con i centrocampisti tedeschi che hanno un attimo (che sarà letale in tal senso) di esitazione per andarlo a recuperare.
Eccolo qui l’errore:
La palla arriva infatti a Lobotka, che di prima e d’esterno (su questo passaggio torneremo in seguito) la imbuca per Politano che sta chiamandogliela e che lo slovacco ha già visto largo a destra (senza avversari davanti, e quindi con campo libero da attaccare).
Politano riceve il pallone, capisce quanto possa essere bello ed utile non rientrare sul suo piede ma sfidare l’esterno basso direttamente sulla fascia destra (e bisogna dare atto a Politano che quest’anno queste giocate le sta provando e riprovando, con grande successo), punta il suo diretto avversario preparandosi il cross con tre tocchi ed esegue il traversone con il piede non suo.
Il cross è ottimo, arriva sulla testa di Osimhen (ma guardate com’è importante il movimento di Anguissa ad aggredire la zona di campo in cui si trova uno dei due possibili difensori che potrebbero marcare il centravanti), il quale salta a piedi pari, arriva ad un’altezza che supera quella della traversa, rimane in aria un tempo infinito per un essere umano comune, già posizionato con la postura del corpo in modo da direzionare, con la dovuta frustata, il pallone a togliere la ragnatela all’incrocio dei pali alla sinistra di Trapp.
Un gol di testa tra i più belli che ho visto negli ultimi anni.
Il gol del 2 a 0 arriva al termine di un’azione travolgente.
Lobotka porta palla in mezzo al campo, si accorge del contro movimento di Kvaratskhelia, che partendo largo si accentra mentre Mario Rui, in sovrapposizione, va contestualmente ad occupare la zona di campo così lasciata libera dal georgiano.
Lobotka scarica dunque il pallone su Kvaratskhelia, il quale aspetta che i difendenti avversari scivolino verso la sua zona per prenderli in contropiede con un’accelerata ed un movimento improvviso a rientrare verso il centro del campo.
A questo punto il campione georgiano ha due soluzioni: provare ad accentrarsi ancora di più per il tiro, oppure pennellare, come farà, un arcobaleno per far arrivare il pallone dall’altra parte dell’area a Politano che glielo sta chiamando.
Detto e fatto: Kvaratskhelia, con un suo modo di calciare tipico in questi frangenti, accarezza la palla con l’interno del piede destro e lo recapita, con traiettoria a rientrare, sul piede di Politano, che lo stoppa, aspetta la sovrapposizione interna di Di Lorenzo (già studiata e preparata ad arte), gli imbuca il pallone nello spazio proprio nell’esatto momento in cui deve farlo (e laddove Di Lorenzo glielo chiama indicandoglielo espressamente) e così mette il compagno nella condizione di poter fare quello che è già previsto che faccia (che cosa meravigliosa sono gli schemi!).
Il capitano (forse tra i 3 terzini destri più forti d’Europa attualmente) senza nemmeno vedere dove si trovi Osimhen (ma non ce n’è bisogno: che cosa meravigliosa sono gli schemi!), di prima e con ottima torsione del corpo, essendo girato di spalle alla porta, calcia il pallone in modo che attraversi la linea della stessa porta pronto per essere scaraventato in rete dal tocco in scivolata di Osimhen.
Il gol del 3 a 0 arriva su calcio di rigore, per un fallo su Zielinski, dopo un’azione un po’ convulsa in area in cui, lo si noti bene, il polacco prova una prima volta a recapitare il pallone a Di Lorenzo con un tocco pizzicato di prima (su un pallone che sta spiovendo) che se riesce è uno dei motivi per cui si è pagato il biglietto.
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Questa la cronaca.
Ora, riavvolgiamo il nastro e torniamo al passaggio che Lobotka fa a Politano nell’azione del primo gol.
Lobotka anche ieri ha giocato una partita mostruosa: una di quelle che giocava Xavi Hernandez, il fenomenale centrocampista del miglior Barcellona di tutti i tempi.
Ecco, giorni fa mi sono imbattuto (nemmeno mi ricordo come e perché) in un video in cui un maestro di tennis, per insegnare ad un giovane allievo il diritto, stava accanto a questo e continuava, con lo stesso gesto, gli stessi tempi (tra un colpo e l’altro) e la stessa traiettoria, a far cadere dall’alto la pallina, così che il piccolo tennista avesse la possibilità di continuare ad eseguire il colpo fino a rasentare la perfezione.
Per minuti, minuti e minuti.
Ieri, vedendo quel passaggio che Lobotka fa a Politano, con il corpo messo di traverso e posizionato già per dare il giusto impatto al pallone, impatto che lo slovacco dà (di prima) con una semplice carezza dell’esterno del piede destro, mi è venuta in mente quell’immagine.
Un pallone dato con una maestria, un’eleganza, una precisione nella scelta del tempo ed una correttezza di “giri” tali da sembrare dato con la mano (come pure si diceva ai miei tempi).
Con quella stessa mano con cui in quel video il maestro dava la palla al bambino per facilitarlo nell’imparare il diritto che stava provando.
Quasi con quello stesso affetto: come se Lobotka avesse voluto dire a Politano “tieni, mio giovane e caro amico, vai a divertirti facendo il cross”.
Sono passaggi, questi, che irrompono in una partita di calcio facendola svoltare a palcoscenico d’arte.
Arte pura.
Io, “a finale”, se fossi in Lobotka, così come fece Pirlo con quel suo compagno di squadra che lo raccontava (mi sembra Lichsteiner), direi abbastanza incazzato e contrariato a Politano che non gli si devono chiamare i palloni con quella foga, perché non si fa altro che attirare l’attenzione degli avversari sulla giocata che sta avvenendo (da un lato) e dare segnali non eleganti rispetto all’ineluttabilità che sta per compiersi (dall’altro lato).
Insomma, l’eleganza è tutto.
E non si chiamano i palloni a Lobotka: è offensivo.