Al CorSera: «Hanno preferito che vincessero Girardelli e Zurbriggen piuttosto che un bolognese cittadino. Essere sex symbol aiuta, ma devi anche essere vincente».
Il Corriere della Sera intervista Alberto Tomba. Ha 56 anni, ha cambiato la storia dello sci: è stato l’unico atleta a vincere per 11 anni consecutivi, tra il 1987-1998, almeno una gara in Coppa del Mondo. Ha portato lo sci nelle case
degli italiani. Per il suo stile aggressivo in pista e il carattere estroverso si è guadagnato il soprannome di «Tomba
la Bomba». Domani ricorrono i 25 anni del suo ritiro dalle gare.
Il cognome «cimiteriale» le ha mai dato problemi? Tomba:
«Qualcuno a scuola sì. Si fanno battutine: nel mio caso, silenzio di tomba, pietra tombale, bara, sepolcro… Avrei potuto vederlo come una forma di bullismo, ma non ci davo peso».
Come mai usa spesso i giochi di parole?
«Per istinto: a scuola andavo bene in geografia e nelle rime. Però la mia specialità sono anche i numeri. Ho salutato le vittorie con cifre e con calembour. Calgary è nell’Alberta, poi è venuta Albertville; un posto più un altro fanno i due ori in Canada… Quindi partivano le filastrocche: non c’è il due senza il tre, la quarta vien da sé, la quinta è già vinta, la sesta è una festa».
Aveva un fascino magnetico: come mai? Tomba:
«Si può spiegare così: estroverso, bolognese, con la faccia diversa dai montanari che hanno le piste sotto casa. E poi: amore e odio, due opposti che hanno segnato la mia carriera».
Ricorda la prima volta sugli sci?
«No. Avrò avuto 7 anni, o forse 5, ma non rammento nulla. Non immaginavo però di arrivare a certi livelli, tutto è andato oltre i sogni: pensavo di arrivare ai Giochi, ma non di vincerli e men che meno di conquistare tre ori».
Quanti ne ha messi in soggezione psicologica?
«Tanti. Una volta alla prima porta sento “stop, stop, stop” e mi fermo. Stangassinger era in testa, ma alla fine ho vinto io, sotto la pioggia. A Lech commisi un errore, persi 2 secondi però rimontai e li battei tutti. Mi subivano? Forse sì».
Diceva che quelli della Federazione Internazionale la osteggiavano: Tomba dava fastidio?
«Forse hanno preferito che vincessero Girardelli e Zurbriggen piuttosto che un bolognese cittadino. Io ho portato l’audience ed è cambiato tutto. Mi hanno fatto i complimenti, ma quando ho smesso molti erano contenti».
Lei e Bode Miller siete stati, e siete ancora, popolari come pochi. Come mai? Tomba:
«Perché eravamo diversi. Bode più di me: lo vedevi in giro a ballare e a bere birra. Del resto uno che ha attaccato la medaglia d’oro allo sciacquone del gabinetto è come minimo originale».
Crede che il successo sia legato all’immagine da «macho italiano»?
«Sì: essere un sex symbol aiuta, ma poi devi anche essere vincente».
Quante ragazze ha avuto? Tomba:
«Sul piano affettivo poche, ma ne ho conosciute parecchie. Sì, certo, si avvicinavano prima di tutto perché ero famoso: non è facile tenere i conti… Comunque, altri tempi, ma il corteggiamento era più bello una volta».
Qualche ipercritico sostiene che lei è troppo legato alla mamma. Tomba:
«È ovvio che sia così e comunque non è troppo. Già a 15 anni ero in giro per il mondo, lei era in pensiero: la chiamavo dalle cabine telefoniche o dalle stanze d’albergo. E quando partivo mi dava la pasta, l’olio, il parmigiano: ci teneva, invece mio padre era burbero e “selvaggio”».
Teme che nel tempo ci si dimentichi di Alberto Tomba?
«C’è chi mi dice: ti ricorderemo sempre. Per ora è vero e mi commuovo per l’affetto che mi riservano: adesso capisco quanto ho combinato».
Tomba amava la ribalta o era la ribalta che andava da Tomba?
«Entrambe le cose. I 20 mila tifosi sugli spalti non mi davano pressione, semmai mi caricavano».
Ha avuto più amici o nemici?
«Dico 70% amici e 30% nemici».
Lei vinceva ridendo. Oggi accade di meno.
«Viviamo anche in tempi più difficili, il nuovo millennio è un disastro. Rimpiango gli anni 80 e 90».
Gioele Dix la imitava: le dava fastidio?
«Gioele è stato a casa mia. Lo sfottò lo accettavo, non mi andava invece il “bella gnocca”, perché io dicevo semmai “bella bimba”. Lo sapete che quando incontravo i ragazzini partiva proprio il “bella gnocca”? Diseducativo».