L’ex presidente Aia ritiene immotivate le accuse. I suoi difensori sono convinti di poter smontare le incongruenze presenti nella sentenza
Alfredo Trentalange, l’ex presidente dell’Aia, presenterà ricorso contro i 3 mesi di inibizione al Tribunale della Figc dopo il caso D’Onofrio. A rendere nota la notizia è Tuttosport, che scrive:
“Dopo aver letto le motivazioni di una sentenza che ha portato da sei a tre i mesi di sospensione chiesti dal procuratore capo, Giuseppe Chiné, il collegio di avvocati (Mattarella, Presutti, Gallinelli e Laudani) che difendono Trentalange presenteranno ricorso alla Corte federale d’appello della Figc. L’ex presidente dell’Aia, infatti, non si ritiene per nulla soddisfatto sebbene la sentenza abbia dimezzato la richiesta di inibizione (sei mesi, ricordiamo) avanzata da Chiné”.
Tuttosport continua:
“Ad aumentare tanto il dispetto per la sospensione quanto la speranza per una ulteriore riduzione c’è stata poi la notizia che nelle motivazioni della sentenza sono stati cassati ben 5 capi d’imputazione sui 7 di cui si componeva il dispositivo dell’accusa. Hanno resistito quello legato ai mancati controlli sui requisiti di professionalità di D’Onofrio (accolto solo sulle qualità professionali dell’ex procuratore) e quello legato ai rimborsi ottenuti in maniera irregolare dallo stesso D’Onofrio”.
Secondo la difesa, ci sarebbero delle incongruenze con Trentalange che vuole dimostrare la propria estraneità per non avere macchie giudiziarie:
“I difensori di Trentalange, però, ritengono che anche all’interno di questi capi d’imputazione sopravvissuti vi siano incongruenze tali da poterli smontare e chiederanno il proscioglimento di ogni addebito per il loro assistito. Resta invece ancora da capire se anche Chiné vorrà ricorrere in Corte d’appello contro il dimezzamento della sua richiesta d’inibizione: è ovvio che una sua rinuncia avrebbe il significato di una certa demotivazione rispetto alla partenza dell’indagine. Trentalange, invece, viene descritto come più determinato che mai nel voler dimostrare la propria estraneità, soprattutto per non convivere con macchie giudiziarie che ritiene totalmente immotivate”.