L’ex pallavolista al Corsera parla delle difficoltà dei giovani anche nel mondo dello sport: «Viviamo in una società che corre troppo veloce e bada solo al risultato»

Il Corriere della Sera intervista oggi l’ex pallavolista Maurizia Cacciatori sulla morte di Julia Ituma, la giovane promessa della pallavolo italiana che si è, presumibilmente, molta la vita in Turchia pochi giorni fa.
«È una cicatrice profonda per tutta la società, spesso troppo indaffarata per ascoltare il grido d’allarme delle nuove generazioni, ancora segnate dai due anni di pandemia».
È una sconfitta secondo la Cacciatori che urla il suo dolore per Julia come per tutti i ragazzi
«Sconfitta. Come tutti coloro che amavano Julia, che vedevano in lei il futuro della pallavolo italiana e che più in generale hanno a cuore l’avvenire dei giovani di oggi. Sono tanto vicina a sua mamma e alla sua famiglia che posso immaginare devastata da un dolore che non si può misurare».
Nello sport come nella vita, insiste l’ex pallavolista, oggi anche mamma, bisogna guardare alla persona oltre che ai risultati
«Viviamo in una società che corre troppo veloce e bada solo al risultato; che ogni tanto sente, ma molto meno ascolta. E questo accade anche nello sport, a maggior ragione nell’alto livello dove devi confrontarti con pressioni quotidiane che sono anche molto cambiate rispetto a quelle a cui era abituata la mia generazione».
La morte di Julia, prosegue, è un campanello d’allarme che dovrebbe far riflettere tutti, sportivi e non, sulla necessità di fornire un supporto alle nuove generazioni che, soprattuto dopo il covid, si sono trovare in pieno disagio emotivo. In Italia, spiega manca un serio percorso di sostegno e la cultura della psicoterapia
«Purtroppo, da noi è ancora considerata come la cura di una malattia. Invece è un percorso di sostegno, di conoscenza di se stessi. Tante volte può essere la strada per prevenire un malessere, per elaborare una difficoltà. La salute emotiva e mentale dei ragazzi deve essere una conquista grande quanto i risultati sportivi. Bisogna lavorarci a fondo affinché tutti metabolizzino questo concetto».