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D’Agostino: «In un mondo con un giornalismo vero e capace Dagospia non esisterebbe»

A Specchio: «I grandi quotidiani hanno aspettato me per scrivere la storia di Ilary e Totti. Scrivere a Roma male di Totti significa perdere 20mila copie».

D’Agostino: «In un mondo con un giornalismo vero e capace Dagospia non esisterebbe»

Su Specchio un’intervista a Roberto D’Agostino, da più di vent’anni il re del gossip con il suo sito Dagospia. Ne parla:

«Non volevo fare un sito di gossip. Ho sempre pensato che la letteratura è un settore molto fortunato del gossip. La diceria, l’arte della diceria non è un genere letterario ma la letteratura è un settore di gossip. Da mille portinaie nasce un Proust e non viceversa. Omero cosa racconta? E Svetonio, Tacito, chi erano questi? Erano dei pettegoli che raccontavano quello che gli umanisti non raccoglievano, cose da serve. Io ho capito che la finestra sul “porcile” è il vero core business della letteratura, della storia, e della vita».

A D’Agostino viene chiesto come si fa a distinguere una fake da una notizia. Risponde:

«È una bugia? Sì, ma è una bugia che dice la verità. Alla fine, in quello che gira c’è sempre qualcosa di vero. Il
problema è distinguere la polpetta avvelenata. Quando c’erano i giornali cosiddetti autorevoli non c’era il retroscena, il retroscena non esisteva. Oggi il retroscena lo fa l’Ansa. È cambiato il mondo. Non ci sarebbero state le rivoluzioni senza i pettegolezzi e le indiscrezioni. Guerre e battaglie sono state perdute perché qualcuno aveva litigato con la moglie. L’Iliade e l’Odissea cosa sono? Il racconto dei Proci, di Penelope. Poi in un paese latino che ha al centro la piazza del paese dove tutti si guardano e si parlano addosso… Beh oggi è questo il libero pensiero».

Quante querele hai avuto in questi anni? D’Agostino:

«Possono fare tutte quelle che vogliono. Ho aperto Dagospia nel 2000 e dopo un mese – e non c’era ancora Google – avevo beccato già cinque querele. C’hanno provato a farmi chiudere, ma sono 23 anni che ci sono».

D’Agostino parla anche della rottura tra Ilary Blasi e Francesco Totti.

«Il mondo pallonaro non sapeva che la storia di Totti era giunta alla fine. Scrivere a Roma male di Totti significa perdere ventimila copie. Totti è l’ottavo re di Roma. Lo so io quello che mi è successo quando ne ho scritto. Non potevi scrivere che Totti è cornuto, poi quando dà l’intervista a Cazzullo in cui ammette di avere le corna tutto
cambia. Il problema è che di Totti e Ilary non si sapeva, poi loro sono andati a un parco giochi a Castelgandolfo e durante la gita fanno una litigata bestiale. Mi viene raccontato e io a quel punto capisco che sono arrivati alla frutta. In un mondo con un giornalismo vero e capace Dagospia non esisterebbe. La storia di Ilary e Totti l’avrebbero scritta i grandi quotidiani e invece hanno aspettato e poi ne hanno scritto citando me. Infatti io per Ilary sono un pezzo di merda».

 

 

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