Al Telegraph: “Ero convinto di buttarlo giù in due round, al sesto era ancora in piedi ed ero scioccato. Era l’uomo più volitivo che avessi mai visto”

George Foreman, quel George Foreman che a Kinshasa, in Zaire, nel 1974 fu abbattuto da Muhammad Ali nel più leggendario di tutti gli incontri della boxe, usa come screensaver del suo computer la foto del suo knock out. Una foto iconica, in cui lui va giù e Muhammad Ali lo guarda andare giù. “The Rumble In The Jungle”. Dice, intervistato dal Telegraph, che quella notte in cui perse il titolo mondiale dei pesi massimi gli ha cambiato la vita per sempre. “E’ l’unica foto che ho salvato, quella di Muhammad Ali che mi butta a terra. Perché mi sono reso conto di quale grande momento fosse per lo sport e per la boxe. E mi ha umiliato. Non l’ho mai dimenticato, e mi ha reso una persona molto migliore di fossi stato se avessi buttato io giù lui“.
Foreman racconta di aver iniziato a fare boxe nel 1967, e dopo solo una manciata di incontri amatoriali, “nel ’68 ero una medaglia d’oro olimpica. È stato tanto, da accettare. È stato incredibile. Avevo una medaglia d’oro olimpica, rappresentando il mio paese con tutti i colori addosso. Che momento incredibile. Non l’ho ancora superato, è come un sogno che continua a ripetersi, è irreale per me”.
Foreman incontra Joe Frazier a Kingston, in Giamaica, nel 1973. Ha ancora solo 24 anni e in gioco ci sono i titoli dei pesi massimi WBA e WBC: “Joe era l’unico di cui avevo veramente paura. Aveva appena battuto così tanti ragazzi, aveva battuto Ali, erano molto più grandi di lui, ma ha appena giocato con tutti questi giganti. Volevo un’occasione per il titolo ma non volevo combattere contro Joe Frazier, me lo ricordo proprio come se fosse ieri”.
Eppure vinse in soli due round: “La paura ti farà fare un sacco di cose. Mi ha davvero cambiato la vita, perché non c’è preparazione. Non incontri qualcuno, ti siedi e ti danno consigli e ti dicono come ci si sente ad essere il campione mondiale dei pesi massimi, cosa affronterai. È stata tutta un’esperienza nuova di zecca. Quando ho battuto Joe Frazier, è stato probabilmente l’ultimo momento in quegli anni in cui ho trovato la felicità. Ero gioioso, mi sentivo come Jack Dempsey, Joe Frazier, John L Sullivan, era come se fossero cresciuti dentro di me, mi sentivo come campione del mondo dei pesi massimi ed ero felice, ero molto felice, e poi ho assunto un’altra personalità, potevo battere chiunque, nessuno poteva toccarmi”.
Fino a quell’incontro con Ali: “Quello che ricordo di più di quell’incontro di boxe e che ero certo che avrei eliminato Mohammad Ali in un round, o due forse tre al massimo. Avevo sconfitto facilmente Jose Roman, Ken Norton facilmente, Frazier – e quegli ultimi due avevano sconfitto Muhammad – quindi non avevo paura. Ce l’ho messa tutta per abbatterlo in uno o tre round, e dopo il quarto round ricordo che ero scioccato dal fatto che non fosse caduto al tappeto, al quinto round ero sbalordito. Dopo sei round mi resi conto che questo ragazzo non sarebbe andato al tappeto, era l’essere umano più volitivo che avessi mai incontrato, dentro e fuori dal ring“.
Foreman finì sconfitto all’ottavo round, e fu una rivelazione: “Non ero un uomo felice dopo aver battuto Joe Frazier, se avessi battuto Muhammad Ali ancora non sarei stato un uomo felice, una vittoria in più non mi avrebbe reso diverso, ma perdere quell’incontro di boxe mi ha dato una rabbia come nessun altro prima. Ricordo di aver sentito in quell’incontro di boxe non solo che avevo perso il campionato del mondo, mi sentivo come se avessi perso il mio nucleo, ciò che era importante per me. Non sapevo quanto fosse importante fino a quando non ho perso il campionato del mondo”.