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Il Napoli vincerà lo scudetto nonostante Napoli (Il Fatto)

La dura contestazione di Dimaro, con Kvara sul palco: volevano Ciro Mertens. È uno scudetto nordico, nello spogliatoio si parla inglese

Il Napoli vincerà lo scudetto nonostante Napoli (Il Fatto)
People walk past a mural reading "Napoli Champion" on March 24, 2023 in Naples, as the city braces up for its potential first Scudetto championship win in 33 years. - An incredible 19 points clear at the top of Serie A, it's surely only a matter of time until southern Italy's biggest club win the Scudetto for the first time since 1990, when Diego Maradona was still strutting his stuff in sight of Mount Vesuvius. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

“Il Napoli vincerà lo scudetto nonostante Napoli”. Lo scrive il Fatto quotidiano nel paginone dedicato a quel che sta accadendo in città con la squadra che sta dominando il campionato mentre la tifoseria organizzata è in aperta contestazione con de Laurentiis e le élite cittadine chiedono il dialogo. Il partito della fermezza non bagna Napoli.

Il Fatto quotidiano ricorda la contestazione nel ritiro di Dimaro.

Ma questo novello mistero napoletano del terzo scudetto, atteso da trentatré anni, è in fondo la nemesi naturale di quanto accaduto l’estate scorsa nel ritiro trentino del Napoli, a Dimaro. Era la prima metà di luglio. De Laurentiis era barricato in albergo e per motivi di sicurezza evitava di uscire. Stava costruendo – con il direttore sportivo Cristiano Giuntoli e l’allenatore Luciano Spalletti – lo squadrone di quest’anno ma il popolo invocava gli idoli appena andati via: Lorenzo Insigne, Kalidou Koulibaly e soprattutto Dries Mertens, il belga che alla napoletaneria aveva sacrificato persino il nome del figlioletto, chiamandolo Ciro Romeo. La sera del 16 luglio, di sabato, nella piazzetta di Dimaro fu presentata la nuova rosa. Sul palco anche uno dei due fuoriclasse di questo Napoli: il georgiano Khvicha Kvaratskhelia (l’altro è il nigeriano Victor Osimhen). Dalla folla si alzò un cartello con l’indicazione autostradale “A16” e poi vennero intonati cori di rimpianto per Ciro Mertens. Era nato il movimento A16, dal numero dell’autostrada che porta da Napoli a Bari, dove la famiglia è proprietaria della squadra cittadina. Insomma: un invito ad andarsene lì per sempre, vendendo il Napoli. Due settimane più tardi, il Pappone acquistò il sudcoreano Kim, autentico mostro della difesa, e apparve questo striscione: “Kim, Merit, Marlboro, tre pacchetti dieci euro. Pezzente non parli più, paga i debiti e sparisci”. Questo il clima, dunque. Otto mesi dopo gli azzurri sono lassù e lo devono anche al fatto di essersi finalmente liberati di Mertens, Insigne e Koulibaly, che lo stesso presidente ha accusato di recente di “nonnismo” nello spogliatoio.

E ancora:

Del resto questo è un tricolore all’opposto di quelli conquistati tre decenni fa nella golden age di Diego Armando Maradona. È un titolo che non solo ha sorpreso e spiazzato la città, ma che è frutto di una programmazione attenta ai bilanci, uno scudetto nordico o milanese se vogliamo continuare nelle provocazioni. All’epoca, poi, gli scudetti furono vissuti come un riscatto dell’intero Mezzogiorno vessato atavicamente dal Nord e Maradona venne trasfigurato in un sovrano capopopolo come Masaniello. Una delle poche voci a contrastare questa metafora dannosa fu un intellettuale oggi dimenticato come Luigi Compagnone: “La vorrei vedere (la mia città, ndr) incontaminata da superstizioni secondo cui una promozione nel Pallone equivale a una promozione nel civile e nel sociale”. Ma l’impronta repubblicana e democratica, e non monarchica, di questa cavalcata è data da alcuni numeri: in questo Napoli ci sono giocatori di 18 nazionalità e parlare in dialetto non è obbligatorio. Anzi. Nello spogliatoio la lingua dominante è l’inglese e i due campioni dell’attacco, Osimhen e Kvara, appena possono volano via a Londra, Parigi o Milano per rilassarsi.

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