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Il “Viaggio della Speranza” di Moussa Assef

Moussa Assef ha conosciuto la solitudine, la schiavitù e il carcere, mosso da quella che era solo una speranza: vivere una vita migliore. Oggi ha deciso di aiutare chi è in difficoltà come lui

Il “Viaggio della Speranza” di Moussa Assef

Lui è Moussa Assef, ha 30 anni e viene dal Senegal. All’apparenza potrebbe sembrare un ragazzo come un altro: occhi e capelli scuri, alto, fisico scolpito nel marmo. Eppure, dietro i muscoli definiti e il sorriso stampato sul viso, si nasconde una storia di dolore e sofferenza, di coraggio, speranza e resistenza, di lotta per la vita.

“Il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali è una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni.” (Italo Calvino)

Moussa viveva a Djiffer, villaggio costiero nella regione di Fatick (Senegal), in una famiglia povera che necessitava di grandi aiuti economici. Per sostenere la famiglia ha iniziato a lavorare molto giovane come barista e cameriere in un albergo in città, vicino a casa. Tuttavia, lo stipendio era estremamente basso, al limite dello sfruttamento (100€ al mese).

«Alcuni miei amici avevano raccontato di voler partire per l’Italia con la speranza di una vita migliore rispetto a quella che vivevamo nella nostra terra. Così ci ho riflettuto su e ho deciso di fare i bagagli ed andarmene. Non ho avvisato nessuno della mia famiglia, perché erano contrari alla mia scelta: ho affrontato tutto da solo»

Il suo “viaggio della speranza” è stato lungo e duro: tramite l’autobus ha attraversato Mali, Burkina Faso e Niger, ma i soldi scarseggiavano e non avrebbe potuto proseguire il tragitto. Dopo essere rimasto nascosto per due settimane e aver ricevuto del denaro dal fratello, Moussa ha raggiunto Gadrune (Libia) a bordo di un pick-up, per, poi, camminare nel deserto, in direzione Tripoli.

Il destino, però, non è stato clemente e ha aggiunto un fardello non richiesto: quasi a destinazione, è stato venduto come schiavo dai libici per trarne guadagno illegalmente.

«Una sola volta al giorno potevamo mangiare e uscire per i nostri bisogni fisiologici; per tutto il resto del tempo eravamo costretti a lavorare»

Dopo 18 giorni d’inferno, è riuscito a raggiungere Tripoli e Zuwara per la partenza.

Il 7 novembre 2016, al largo di Lampedusa, una nave di salvataggio tedesca ha tirato in salvo la barca con a bordo Moussa e altre 131 persone; lui, però, nell’immediato, è stato trasferito a Siracusa, dove ha trascorso 4 mesi in carcere:

«I libici ci hanno portato a circa 2 km dalla costa; hanno chiesto se vi fosse a bordo qualche gambiano o senegalese perché sanno che siamo popoli di pescatori. Io ho semplicemente risposto che venivo dal Senegal. Mi hanno minacciato di morte: dovevo scegliere se mettermi al timone o farmi uccidere. Quando siamo sbarcati, io ero alla guida. Ecco perché sono stato subito arrestato»

Scontato il periodo della prigionia, ha passato qualche settimana a Testa dell’Acqua, paesino vicino a Siracusa; in seguito, lui e le persone della sua barca (tutte giunte sane e salve) hanno accettato di essere trasferiti verso il Nord Italia, tra Milano, Cremona e Crema, dove lui risiede stabilmente dal 17 marzo 2017.

Per quanto non sia stato facile e molte volte riceva ancora insulti razzisti, Moussa si è integrato nella società: lavora come aiuto cuoco in un elegante ristorante giapponese in città; inoltre, ha un’enorme passione per lo sport e pratica atletica leggera con la “Nuova Virtus” di Crema (le sue specialità sono i 100 e 200 metri).

Pochi mesi fa, ha creato un’associazione per poter aiutare le donne che sono rinchiuse nelle carceri senegalesi.

«Siccome ci ho vissuto e ho visto tutte le cose che succedono dentro lì, ho deciso di aiutare queste donne spedendo loro beni di prima necessità, legati, soprattutto, all’igiene personale, come gli assorbenti. Al momento il progetto vede coinvolte poche persone: me e alcuni amici del Friuli e del cremasco. L’obiettivo sarebbe quello di poterci ampliare e trovare nuove persone di buona volontà, pronte a darci una mano»

Al momento, non esiste un sito web dove poter trovare tutte le informazioni su come contribuire all’iniziativa; è, però, possibile contattare Moussa sui social media, soprattutto Facebook (Moussa Assef) e Instagram (@moussaassef1), dove è particolarmente attivo.

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