Al CorSera: «Da ragazzina, in modo inspiegabile, ero quella che rimorchiava di più. Ero corteggiata, desiderata, a scuola ero una leader».

Il Corriere della Sera intervista Sabrina Impacciatore. Scoperta da Gianni Boncompagni, che la lanciò a Domenica In
1990 come ragazza pon pon, ha fatto parte del gruppo di Non è la Rai e Macao. Il primo ciak è stato per Citto Maselli in “Il compagno” e per Ettore Scola in “Concorrenza sleale”. Poi è venuto “L’ultimo bacio” di Gabriele Muccino, con cui ha girato anche “Baciami Ancora” e “A casa tutti bene”. Si divide tra fiction (“Immaturi. La serie”), cinema e teatro. Da qualche mese è entrata nel mondo di Hollywood: in America ha fatto una serie tv popolarissima, “The White Lotus”, ed è diventata famosa.
La Impacciatore racconta la sua infanzia romana.
«I primi sette anni di vita li ho passati al Prenestino, poi siamo andati all’Eur. Papà era un dirigente e azionista della Bosch, responsabile della filiale di elettrodomestici in Sardegna. Lo vedevo poco. Mamma era impiegata statale al ministero delle Finanze».
La prima recita arrivò a otto anni.
«A otto anni, in un Natale in casa. Mi misero il velo azzurro sulla testa. Lo ricordo come un momento epifanico, sentivo l’aura, la potenza. Credevo di essere la Madonna! È come se in quel momento, così bambina, mi fossi detta: questa sarà la tua vita. Più tardi in uno sketch casalingo interpretai un idraulico. Facevo anche Tarzan e sua moglie, e la Perla di Labuan. Ma il pezzo forte era l’idraulico che seduceva un’amica. Ero matta già da ragazzina. A 16 anni a scuola mi offrii volontaria in una compagnia teatrale. Debuttai in un teatro di Trastevere facendo sei personaggi».
Il naso grosso è stato un problema? Impacciatore:
«La gobba mi spuntò a 12 anni e non ho mai smesso di piangere fino ai 18, quando in una notte ebbi un incubo. Mi toglievano le bende dopo l’operazione chirurgica e urlavo: chi sei tu? Non mi riconoscevo più. Da lì ho cominciato a
prendermi in giro sui miei difetti, il naso, l’altezza».
A scuola la prendevano in giro?
«A scuola, inspiegabilmente, ero una leader. Ricevevo una quantità inimmaginabile di bigliettini, da maschi e femmine, mi volevano sposare tutti».
La Impacciatore racconta l’incontro con Carmelo Bene.
«Alla scuola di recitazione di Cosimo Cinieri un giorno venne un gigante, Carmelo Bene. Dopo la lezione mi convocò a casa sua. Sembrava la casa di Gabriele D’Annunzio, drappeggi barocchi, ninnoli ovunque, tende di velluto, scura, senza luce. Mi aprì il maggiordomo: il maestro sta arrivando. Mi bombardò di domande. Arrivarono altre ragazze e mi fece restare. Cercava la partner per uno spettacolo su Don Chisciotte. Alle otto di sera mi disse: sei l’unica degna di stare accanto a un genio. Ma sei pronta a rinunciare a tutta la tua vita? Io potrei svegliarti nel cuore della notte per continuare le prove. Rinunciai perché papà ebbe due infarti. Aveva aperto cinque negozi, se ne dovettero chiudere tre. Ci fu una grave crisi economica in famiglia. Chiamai Gianni Boncompagni, gli chiesi una mano per un lavoro. Mi rispose che non aveva mai raccomandato nessuno ma a Non è la Rai cercavano una segretaria di redazione. Mi misero lì. Dopo sei mesi scrivevo testi, canzoni. Per Gianni e Irene Ghergo, suo luogotenente, ero sprecata, mi fecero un provino e mi ritrovai a fare la posta di Sabrina, dove ricevevo lettere ironiche delle spettatrici (scritte da me) su problemi di estetica. A 18 anni ho vissuto un’altra esperienza importante».
Tra gli incontri professionali della Impacciatore anche Depardieu. Lo conobbe in occasione di “Concorrenza sleale”, di Ettore Scola.
«Ero agitata, non dormivo la notte, prendevo il Lexotan. Depardieu mi disse nel suo italiano francesizzato perché prendi la pillùla, tu la sera prima di dormire accarezzati le cosce e pensa a me. In realtà andò oltre. Si prese una cotta per me, Scola cercò di proteggermi. Mi sentivo come una bistecca davanti a un rottweiler. Ero in soggezione, oggi vorrei essere mangiata da lui».
A scuola, la Impacciatore era quella che rimorchiava di più.
«Non sono la bellona, non voglio presentarmi per quello che non sono ma da ragazzina, in modo inspiegabile, ero quella che rimorchiava di più. Ero corteggiata, desiderata, mai tradita. Sono abitata dalla sindrome di Peter Pan».
Sulla sua esperienza a Los Angeles.
«Chi si muove. Sono qui da quattro mesi. È un posto senza eros e io ne sono sempre a caccia. Ma non avevo mai incontrato persone così meravigliose. Le feste sono solo occasioni di lavoro. Ho incontrato per caso Michelle Pfeiffer, il mio mito Laura Dern, Anne Hathaway, Ana de Armas. Tutte a dirmi: Sabrina, we love you».
Chissà l’invidia in Italia. Impacciatore:
«Ho avuto delle delusioni che mi hanno spezzato il cuore, colleghe che consideravo amiche mi hanno trafitto, ma ho avuto anche tanti messaggi belli da persone che non immaginavo, anche da gente di cinema, a cominciare da Claudia Gerini che per me è una sorella».
La Impacciatore è senza filtri.
«Sì, sono così, non ho difese, non riesco a proteggermi, anche nella vita. Sono innocente, istintiva, egocentrica ma pronta a mettermi nell’ombra in un secondo. E pago un prezzo alto, vibro di ogni cosa. Sono una samurai».
Per tanti anni era comprimaria.
«Io mi sono sempre sentita protagonista, mai comprimaria. Quando vado alle feste di Hollywood una parte di me è incredula, un’altra parte mi dice che quello è il mio posto».