Reportage sugli scandali finanziari dell’ex club più glamour d’Italia oggi emblema del declino del calcio italiano. E sui rapporti tra pallone e finanza

Il Guardian apre la pagina sportiva con un reportage sulla Juventus, o meglio, sulla crisi della Juventus.
Il titolo è emblematico: “«Mi sembra di vendere l’anima», dentro la crisi della Juventus“. Con un chiaro riferimento alle intercettazioni al centro dell’inchiesta giudiziaria sul club bianconero.
Il Guardian scrive:
“In un paese rinomato per il provincialismo, la Juventus è unica. Con sede nella città settentrionale di Torino, ha circa 8 milioni di tifosi, molto più dei suoi rivali più vicini Milan e Inter. Ma sulla scia dei ripetuti scandali, il club è diventato anche un simbolo del declino del calcio italiano”.
C’è tutto, dallo scandalo plusvalenze alle manovre stipendi. Sulle plusvalenze:
“Lo scandalo plusvalenze non ha coinvolto solo la Juventus. Al centro delle polemiche anche il trasferimento da 70 milioni di euro dal Lille al Napoli di Victor Osimhen, protagonista di questa Serie A: i quattro giocatori minori del Napoli scambiati per Osimhen sarebbero stati massicciamente sopravvalutati a 19,8 milioni di euro per compensare il costo. Tuttavia, sebbene la Juventus non fosse l’unico club a spostare i giocatori come pezzi degli scacchi solo a fini contabili, le accuse, se provate, dimostrerebbero che il club ha portato la pratica a nuovi livelli. Un dirigente della Juventus, registrato dagli investigatori che indagano sulle torbide finanze del club, ha dichiarato: “Mi sento come se stessi vendendo la mia anima””.
Il campionato di Serie A, il più ricco e glamour del mondo negli anni ’80 e ’90, quello in cui i giocatori ricevevano i migliori stipendi e i tifosi godevano del miglior calcio, “è ora diventato il parente povero degli altri maggiori campionati europei, con molti club che sprofondano nelle sabbie mobili dei debiti“.
Il Guardian scrive:
“A metà aprile, la detrazione di 15 punti della Juventus è stata revocata, in attesa di un nuovo processo, e il club è risalito in classifica al terzo posto. Ma quel giudizio ha solo aggiunto la sensazione che la Serie A sia un prodotto scricchiolante, con la posizione del club più famoso del campionato che dipende dai risultati legali, non sportivi. Gli scandali della Juventus sono una finestra non solo sulle crisi più ampie del calcio italiano, ma anche sul marciume al centro di questo sport”.
Il quotidiano inglese elenca tutte le crisi e gli scandali che hanno visto coinvolto il club bianconero. Dal doping del 2004 a Calciopoli.
“L’Italia è divisa tra chi vede la Juventus come un’imbrogliona e chi ritiene che il club sia sempre additato da magistrati risentiti e di parte. Come scrive Herbie Sykes nel suo libro Juve!: “Il calcio italiano è essenzialmente binario, quindi c’è una versione Juventus e una versione anti-Juventus”. Il dibattito è stato riassunto proprio da uno scambio che ho sentito per caso in un bar a gennaio, il giorno in cui è stata annunciata la decurtazione dei punti. “Non c’era solo la Juventus”, ha detto un tifoso, riferendosi allo scandalo plusvalenze. “No”, rispose il suo amico. “Ma è sempre la Juventus””.
C’è anche l’arrivo di Ronaldo, che ha gettato nella depressione le casse del club, e la questione Superlega.
“La crisi della Juventus illustra il rapporto teso e in evoluzione tra sport e finanza. Una volta era una questione di principio che tutto lo sport fosse amatoriale, “più corinzio che capitalista”, come dice Mitchell. Proprio ciò che ha reso attraente lo sport – il suo ridicolo disprezzo per le preoccupazioni mondane, il suo gusto per il rischio, l’incertezza e le sorprese dei perdenti – lo ha reso poco attraente per gli investitori che richiedono rendimenti prevedibili. Il tradizionale modello europeo – incarnato dagli Agnelli – era la generosità patrizia: quando vincere gli scudetti era “l’ unica cosa che conta”, a nessuno importava quanti soldi perdevano. L’interpretazione più generosa della caduta di Andrea Agnelli è che, nonostante i suoi migliori sforzi, sia rimasto un dilettante in uno sport che ora è popolato da professionisti. Uno meno generoso è che, come un aristocratico dissoluto, non ha mai imparato a tagliare il cappotto secondo la sua stoffa, e quando si è reso conto della portata del problema che ha affrontato, le sue soluzioni hanno solo portato il suo club più nel fango”.