Giancarlo Magalli a La Verità: «Boncompagni era appassionato di musica, quando accendeva l’impianto tremava il palazzo. Casa sua era il paese delle meraviglie»
La Verità intervista Giancarlo Magalli. Ha alle spalle oltre 50 anni di carriera in Rai. Qualche settimana fa ha raccontato di aver affrontato un linfoma alla milza e che, se non si fosse curato, avrebbe avuto solo due mesi di vita. Magalli ha perso 24 chili, ora li sta riprendendo.
«Grazie a Dio ho ricominciato a mangiare, muovermi e camminare dopo sette mesi a letto».
Non può però affrontare sfide impegnative, dunque il ritorno in tv è da valutare. Magalli ripercorre la sua carriera. Gli viene chiesto se gli è mai scappata una parolaccia mentre conduceva uno dei suoi programmi. Risponde:
«Mai, ma che scherza? Sono nato in un’epoca in cui già dire “casino” era da tirata d’orecchi. Nella Rai in cui lavoravo si è eleganti e professionali. Lo stile era questo: ci si diceva che le cose andavano fatte per bene, ci si raccomandava che non ci fossero vallette seminude o sederi di fuori… e poi quando il programma andava bene ma faceva un punto in meno della concorrenza qualcuno ipotizzava che un sedere si sarebbe potuto pure mettere».
Una volta, dice Magalli,
«i programmi erano meno. Costavano, ma si facevano meglio. Si creavano, non si compravano dall’estero. Ora l’ascolto si è polverizzato. Ai Fatti vostri vent’anni fa facevamo quasi il 40% di share. Ora se Rai 2 fa il 10 si fanno salti fino al soffitto».
Non è che la lottizzazione politica ha contribuito? Magalli:
«Mah, guardi che la Rai è sempre stata dipendente dalla politica. Continuiamo a cambiare governo e ogni volta si ricomincia: nuovi dirigenti che devono imparare dal principio».
Qual è il suo rapporto con il denaro? Magalli:
«Non mi lamento. Non è roba da Hollywood, ma in tanti anni di carriera mi son guadagnato quanto basta per una vita decorosa e per fare bellissimi viaggi che sono una passione per me, mia moglie e le due figlie. Viaggiava con noi anche mia madre. Ho comprato casa alle ragazze e me ne sono potuta permettere una con un giardino all’Olgiata. C’è silenzio, qui».
Ha fatto anche un po’ di cinema.
«Come segretario di produzione, sì. Ricordo un set con Totò. Con cappotto e occhiali scuri, perché già allora gli occhi erano malati ma riusciva ad allenarsi tanto bene da poter giocare a biliardo. Aveva sempre freddo e non parlava molto. Aveva il culto per i titoli nobiliari, gli stavo simpatico perché il mio padrino di battesimo era marchese. Un uomo di una cortesia, educazione e rispetto straordinari».
Magalli è stato padrone di casa di Raffaella Carrà.
«Le affittai la casa dei miei genitori, l’appartamento confinante con quello di Boncompagni, quando si fidanzarono. Poi glielo diedi in permuta e mi stabilii al piano di sopra al loro».
Com’era, averli come vicini? Magalli racconta:
«Gianni era un appassionato di musica, quando accendeva gli impianti tremava il palazzo. Ma non era mica rumore. Casa sua era una specie di paese delle meraviglie, con gente che suonava, cantava o parlava di musica a qualsiasi ora.
Ho conosciuto da lui Lucio Battisti, Dalla, Tenco…».