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Se Napoli tornasse unita e a essere quella capitale europea cui ambisce essere

La città è un teatro di eventi, non solo la festa scudetto: da Sting al Comicon, da Picasso a Caravaggio. E un’eccellenza gastronomica ha reso omaggio a La Capria

Se Napoli tornasse unita e a essere quella capitale europea cui ambisce essere
(FILES) In this file photo taken on March 24, 2023 Flags and banners decorate the Quartieri Spagnoli district on March 24, 2023 in Naples, as the city braces up for its potential first Scudetto championship win in 33 years. - From narrow streets to balconies, the whole city of Naples is tinged with blue, the colour of its football club which is about to win the Scudetto for the first time since 1990, then with Diego Maradona, who is still revered as a saint today. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

Non è certo la Malacqua di Pugliese la pioggerellina che bagna Napoli in questo pazzesco fine settimana di aprile tuttavia sembra lavare via le ultime tracce di napoletaneria dai selciati della città.

In queste folli giornate preannunciate da dirette Instagram di Sting dall’hotel Vesuvio e dal trailer dell’ultimo film di Denzel Washington la possibile festa scudetto non è l’evento ma un evento, sicuramente il più importante, ma non l’unico in città.
Se infatti si passeggia per il lungomare agro di salsedine portata dello stesso vento che gonfia bandiere festoni e striscioni si potrà vedere alla rotonda Diaz gare di moto d’acqua. A Piazza Plebiscito c’è già il palco montato ma è per il concerto del 1° maggio mentre tra la folla di magliette felpe sciarpe azzurre che ha reso via Toledo il sogno di ogni sponsor del Napoli presente, passato e futuro, spiccano solitarie le figure di cosplayer a ricordarci del Comicon giusto di fronte al Maradona. Taccio sulla mostra di Picasso al Mann o sul Caravaggio a Palazzo Reale.

E’ quindi quella davanti a noi, davanti alle centinaia di migliaia di turisti, un incredibile melting pot, un fantastico crossover tra eventi pubblici e privati, tra scudetti e matrimoni, cosplayer e addii al nubilato, turisti e prime comunioni, una città pienamente europea, aperta a coinvolgere chiunque nella festa, che non si chiude in se stessa ma si apre al mondo, che sa in qualche modo di non bastare a se stessa, rinunciando a essere misura di tutte le cose comprendendo che oltre allo spettacolo di se, della propria gioia ha altro da offrire a chi visita.

In questo contesto le autorità cittadine hanno compiuto, seppure tra molte titubanze e paure, una scelta razionale e quindi rivoluzionaria cioè quella di trattare la festa scudetto come un evento appunto tra gli altri e l’hanno pianificata rinunciando a uno degli stilemi classici di questa città, cioè l’arrangiarsi, il reagire agli eventi con la creatività, ma hanno deciso che, al netto dell’aleatorietà degli avvenimenti, gli accadimenti dovevano essere gestiti ab initio. E questo è il secondo colpo dato alla napoletaneria cioè il rifiuto dello stereotipo dell’arrangiarsi, dell’approssimazione creativa per abbracciare la lucida programmazione. Dico secondo colpo perché il primo è stato dato da qualche settimana dalla città stessa, che ha gioiosamente abbandonato, in maniera direi quasi scioccante, uno dei maggiori luoghi comuni della napoletaneria, cuore di infinite storie di questa città, cioè la scaramanzia, e lo ha fatto in maniera così eclatante, addobbando strade, vicoli e negozi in maniera gioiosamente sfrenata che probabilmente anche i napoletani stessi si chiedono davanti allo specchio siamo proprio noi, siamo ancora noi?

La Capria nel suo saggio l’Armonia Perduta individua nella rottura tra Natura e Storia, a valle della tragica fine della Repubblica Napoletana del 1799, la perdita dell’anima della città, del suo ruolo di capitale e come reazione la nascita della napoletanità quale alleanza tra la piccola borghesia sopravvissuta alla Rivoluzione e il popolo che la Rivoluzione aveva stroncato, eliminando l’alta borghesia, l’elitè che nella Rivoluzione aveva creduto. Una alleanza che ancora perdura e si rinnova nel racconto calcistico, basta vedersi quel capolavoro di Sorrentino che è ‘E’ stata la mano di Dio’, nelle continue polemiche che i ceti borghesi napoletani hanno avuto con la figura di De Laurentiis che le stigmate della napoletanità ha sempre rifiutato, dalla pizza alla gestione oculata del bilancio.

L’altra sera sulla rena della spiaggia di Posillipo, accanto al Palazzo Donn’Anna, simbolo massimo della napoletanità per La Capria, perché lì si compie la fusione tra Natura e Storia, in quel palazzo giallo di tufo che pare uno scoglio, dimora dell’ amatissimo Ciro Mertens, sono apparsi proiettati i tre scudetti. L’operazione l’ha fatta un’altra eccellenza di questa città, Palazzo Petrucci, ristorante stellato Michelin.

Ecco, per qualche ora, qualche giorno, Natura e Storia si riunissero e la città tornasse unita a essere quella Capitale Europea cui ambisce essere.

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