Su Prime Video. Diretto da Ben Affleck, è la storia dell’intrapresa economico-finanziaria che ha cambiato anche le royalties per i futuri giocatori di basket

Viviamo in un tempo pieno di chiamate telefoniche proditorie, dove troneggia il marketing arretrato, ma c’è stato un tempo in cui il marketing era frutto della competenza e di un’idea di progresso. È questo il nucleo del film “Air – La storia del grande salto” – diretto da Ben Affleck – che da poche ore è visibile su Prime video in esclusiva assoluta.
1984: è l’anno in cui George Michael è una star ed in cui a giugno una guardia forse troppo bassa per l’NBA viene scelta come numero 3 al draft USA: il suo nome è Michael Jordan. In quei frangenti la Nike è terza nel mercato di scarpe da basket dopo le Converse e le Adidas. Sonny Vaccaro (Matt Damon) lavora per la Nike a Beaverton nell’Oregon ed è il guru del basket giovanile americano. La Nike del sentenzioso seguace buddista, l’amministratore Phil Knight (Ben Affleck), vive con i ricavi delle scarpe da corsa, ma non batte chiodo nel procacciarsi testimonial cestisti. Sonny comprende allora che solo facendo un’offerta unica e creando una scarpa feticcio per il solo Jordan riuscirà a riprendersi la leadership del mercato. Come fare a battere la concorrenza? Cercando di infrangere le regole contattando in North Carolina direttamente Deloris Jordan (Viola Davis) la madre di Michael e costruendo, con l‘aiuto di un marketing intelligente – “Una scarpa è solo una scarpa finché non la indossa qualcuno”, ideato da Rob Strasser (Jason Bateman) – una calzatura per il basket ideata da Peter Moore (Matthew Maher). Un prototipo di scarpa feticcio: le Air Jordan.
Il film è la storia di questa intrapresa economico-finanziaria che cambierà anche le royalties per i futuri giocatori di basket, “perché tutti sono bravi ad arrivare in cima ma è nella discesa quando sei solo che si prova il tuo valore… “.