Alla Gazzetta: «Ha consentito ai giovani di esprimersi al massimo, fermo restando che la dirigenza è stata brava a rimpiazzarli con Kvaratskhelia e Kim».
La Gazzetta dello Sport intervista Alberto Bigon. Trentatré anni fa, al posto di Luciano Spalletti, c’era lui: è stato il tecnico del secondo scudetto del Napoli. Oggi commenta il terzo, vinto ieri dagli azzurri con il pareggio a Udine.
«Spalletti e il suo Napoli hanno fatto un’impresa che sarà ricordata, come è ricordata la nostra. Tra le due formazioni vedo delle analogie: per esempio lo spirito di sacrificio alla causa comune e il desiderio di sovvertire i pronostici. Tanti pensavano che noi non ce l’avremmo fatta contro quel Milan, esattamente come tanti la scorsa estate non davano fiducia a un Napoli che aveva perso Insigne, Mertens e Koulibaly. Togliere tre galli dal pollaio invece è stata la mossa vincente e ha consentito ai giovani di esprimersi al massimo. Fermo restando che la dirigenza è stata brava a rimpiazzarli con Kvaratskhelia e Kim».
Bigon parla della gioia dei napoletani in festa, una gioia che meritano tutta.
«È bello che i tifosi azzurri festeggino dopo tanto tempo. Lo meritano sia loro, sia la società. Ammetto però di essere contento che il nostro record di punti in casa abbia resistito: noi le vincemmo tutte a parte un pari».
Resta il rammarico che Maradona non sia qui a godersi lo spettacolo.
«Il rammarico più grande è che Diego non possa essere qui a festeggiare questo trionfo del suo Napoli e che non sia stato a Doha per la vittoria dell’Argentina».
I simboli di questo Napoli, per Bigon:
«Sarebbe facile dire Kvara oppure Osimhen, ma toglierei del merito a tutto il resto dei giocatori, a Spalletti, che ci ha messo tanto del suo, e alla dirigenza. A iniziare dal presidente De Laurentiis: da quando è arrivato lui, il club ha fatto un percorso incredibile. Vi ricordate da dove è partito?».
Ora il Napoli può aprire un ciclo:
«Per me sì. Avrebbe potuto fare ancora più strada in Europa già quest’anno. Magari succederà la prossima stagione».