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Erri De Luca: «Con me stesso parlo napoletano. M’insulto, mi incoraggio, sto pure zitto in napoletano»

Al Venerdì di Repubblica: «La mia scrittura serve a tenere compagnia a chi la sceglie. Non compio il mio impegno civile da scrittore ma da cittadino».

Erri De Luca: «Con me stesso parlo napoletano. M’insulto, mi incoraggio, sto pure zitto in napoletano»
scrittore italiano Erri De Luca Italian writer Erri De Luca, press conference in Naples city (Salvatore Laporta/KONTROLAB)

Lo scrittore napoletano Erri De Luca ha rilasciato un’intervista al Venerdì di Repubblica. Nel suo nuovo libro, “Le regole dello Shangai”, mette in scena l’incontro tra un vecchio orologiaio e una gitana in fuga da un matrimonio combinato.

De Luca conosce molte lingue: ha studiato russo, swahili, yiddish, ebraico antico. Gli viene chiesto che posto occupa, tra queste, il napoletano, la sua lingua materna. Risponde:

«È quella che parlavo con mia madre. Con me stesso parlo napoletano. Canticchio, ripeto versi a memoria, m’insulto, mi incoraggio e sto pure zitto in napoletano, quando intorno c’è confusione. Come si sta zitti in napoletano glielo spiego un’altra volta. Nel libro c’è la strana coincidenza che la parola “spia” si dice allo stesso modo in russo e in napoletano: shpiòn».

È anche la lingua dell’amore?

«Nella mia vita è ammore con due emme, l’intensivo che usa il napoletano. È stato perciò esagerato fino a trasformarsi in un’alleanza».

Non ha figli, le mancano? De Luca:

«Non sento nessuna mancanza di un figlio perché non so cosa sia essere padre, partecipare al rinnovo delle generazioni. Mi sento contemporaneo di ogni persona, dal neonato al centenario».

La scrittura è più poesia o più impegno? De Luca:

«La mia scrittura narrativa serve a tenere compagnia a chi vorrà scegliere proprio quella nel gran bazar dei libri. Il mio impegno civile invece lo compio da cittadino, non da scrittore. Non metto le mie convinzioni dentro una storia, non scrivo per convincere».

Nel nuovo millennio si trova a suo agio? De Luca:

«Continuo a comportarmi secondo l’educazione sentimentale e civile del Novecento. In ogni caso sono del tutto privo del sentimento della nostalgia, non desidero tornare in nessuna stazione precedente».

Questo è anche un libro sulla vecchiaia. Come vive il rapporto col tempo?

«La vecchiaia è un’età sperimentale. Nessuno è stato vecchio prima, nel senso che le vecchiaie precedenti non ci insegnano niente. Mi inoltro in questa età misteriosa facendo esperimenti alimentari, intensificando l’attività fisica anziché ridurla. Scopro il mio corpo agire e reagire minuziosamente, mi incuriosiscono la sua decadenza e i metodi che invento per contrastarla».

Le fa paura la morte? De Luca:

«La morte mi tiene compagnia già da tempo e in una mia pagina ho scritto che passerò io da lei a prenderla a braccetto».

Lo sa che la sua scrittura fatta di frasi brevi e mosse esatte somiglia al gioco dello shangai? De Luca:

«Non me ne sono accorto. A me pare di strofinare le parole tra loro, di trattarle in modo da produrre attrito».

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