Da Rivista Undici. Profondo conoscitore dell’animo umano. Nelle trattative è irresistibile. Grandi intuizioni. Grandi strambate. Impulsivo solo a parole.
Il ritratto di Aurelio De Laurentiis scritto da Massimiliano Gallo per Rivista Undici.
«Io impiego pochi minuti a inquadrare una persona. E raramente sbaglio». È la formula segreta di Aurelio De Laurentiis. È grazie a questa sua innata capacità che ha potuto rilevare il Napoli e condurlo, in diciannove anni, dalla Serie C allo scudetto. Senza peraltro – almeno inizialmente – neanche conoscere le regole del calcio. Si è tuffato in un settore a lui estraneo e ha reso la sua impresa un gioiellino (nessun riferimento, ovviamente, al titolo del film dedicato alla Parmalat di Tanzi). De Laurentiis non ha vinto solo sul campo, riportando a Napoli lo scudetto dopo 33 anni e trascinandolo dopo 22 anni fuori dall’asse Torino-Milano (l’ultimo fu quello della Roma nel 2001). Ha stravinto nel settore della strategia aziendale, del management. Con una politica virtuosa ha reso il Napoli il club più solido del calcio italiano. Dal Sud Italia ha impartito lezioni di imprenditoria e ha fatto marameo ai grandi club del Nord che hanno invece imboccato la strada dell’indebitamento e oggi annaspano in situazioni contabili poco chiare. De Laurentiis ha lavorato applicando i suoi criteri di gestione d’impresa, il suo modello di business. Il merito è sotto gli occhi di tutti. Quel che è più interessante è il metodo. È l’aspetto che proveremo ad approfondire.
È il metodo che ha adottato in ogni settore. A partire ovviamente dal cinema. La sua società di produzione (la Filmauro di Luigi e Aurelio De Laurentiis) si è sempre basata sul concetto less is more. E sul suo talento con le persone. Nasce tutto da lì. Dal primo incontro. De Laurentiis le guarda negli occhi, le scruta, le lascia parlare, ne coglie immediatamente ambizioni e debolezze. Ama giocare con l’animo umano. Gode (l’uso del verbo è ponderato) nel comprendere fin dove può spingersi con le sue richieste. Nell’individuare fino a che punto il suo interlocutore è disposto a cedere. Qual è il suo punto debole, perché tutti ne abbiamo almeno uno. È come se lo sottoponesse a un test. Che termina quando tutte le lampadine si sono accese e il profilo psicologico è completo. È un seduttore. Nelle trattative è pressoché irresistibile. Proprio perché capisce molto rapidamente quali tasti premere. E una volta ammaliato l’interlocutore, lo blinda con contratti che sono passati alla storia. Contratti d’acciaio che non ammettono vie di fuga. (L’articolo prosegue su Rivista Undici)