In condizioni societarie complesse, ha portato a casa un risultato impensabile. Non male per un brocco anche se ha la rosa migliore della Serie A
È sempre una questione di bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Poi, però, ci sono anche i dati di fatto. E l’Inter in finale di Champions League è un fatto. Tredici anni dopo la finale vinta dai nerazzurri di Mourinho. In questo periodo di tempo solo la Juventus, con Allegri, ha raggiunto due volte la finale: perdendo una volta contro il Barcellona e l’altra col Real Madrid.
Sì, l’Inter si è potuta avvalere di un sorteggio benevolo dai quarti di finale in poi, ma era stato benevolo anche con Napoli e Milan. In fondo è arrivata la squadra di Inzaghi che in questa Champions ha eliminato il Barcellona poi diventato campione di Spagna, Porto e Benfica. Non proprio bruscolini.
Non solo. Simone Inzaghi ha portato nella bacheca interista la Supercoppa italiana (vinta sempre contro il Milan) e per il momento è in finale di Coppa Italia. In più, è terza in campionato (di fatto seconda considerata la penalizzazione che subirà la Juventus) e quindi ha la qualificazione Champions in tasca. Con questi risultati, al netto dell’esito delle due finali, è arduo non definire almeno ottima la stagione nerazzurra. A nostro avviso anche più che ottima. La finale di Champions è un traguardo che vale quasi una vita intera e che sistema non poco i pericolanti conti del club.
Il bicchiere mezzo vuoto è che l’Inter aveva ed ha, molto probabilmente, la squadra più forte della Serie A. Eppure in campionato si trova a diciassette punti dal Napoli campione d’Italia. E ha perso undici partite: un’enormità per una rosa simile. Così come lo scudetto dello scorso anno è stato gettato dalla finestra. Non può essere sottaciuto, Inzaghi i suoi errori li ha commessi. A lungo è parso non avere il controllo della rosa, ciascuno in campo andava per conto suo. Ma i conti si fanno alla fine. E Simone può sbandierare con orgoglio il bilancio della stagione. Non è uscito stritolato da due anni sulla panchina nerazzurra. Altri – Lippi e Gasperini giusto per fare due nomi – sono durati decisamente meno e con risultati neanche lontanamente paragonabili. In più, Inzaghi ha lavorato in una condizione societaria precaria, con i Zhang perennemente con l’acqua alla gola. Lui ha tirato dritto, sì spesso ha fatto il piangina ma trovateci in Italia (e non solo) un allenatore che non frigni quando le cose vanno male.
Stasera ha raggiunto un risultato storico con la sua Inter. Entra nella storia del club. E il suo curriculum comincia a somigliare a quello degli allenatori forti, robusti.