Una commedia terenziana con un finale da postmoderno deus ex machina immaginando un Sol dell’Avvenire con un Turati che marcia al ritmo di Fellini.
È un film sull’amore – e su una via italiana ad un nuovo socialismo delle possibilità comunitarie – questo “Il Sol dell’avvenire”, l’ultimo di Nanni Moretti.
C’è Giovanni (Nanni Moretti) un regista alle prese con il suo ultimo film che vuole essere un redde rationem storiografico dell’implosione del Pci italiano dopo i fatti d’Ungheria. Accanto a lui sua moglie Paola (Margherita Buy) che è sempre stata la produttrice dei suoi film, ma che ora è in analisi per lasciarlo mentre fa film giovanilisticamente gomorriani.
Il film di Giovanni viaggia in realtà su due tensioni: uno puramente immaginativo che vorrebbe parlare di una storia d’amore intervallata da canzoni d’autore italiane, l’altro – quello reale – vede il burocrate di partito Ennio Mastrogiovanni (interpretato da Silvio Orlando che fuori dal set è Silvio Orlando) che è allineato, in un primo tempo, con la linea togliattiana pro-URSS, che è in contrasto con quella parte del partito reale interpretata dalla sarta militante Vera (Barbara Bobulova che fuori dal set è Barbara Bobulova).
La depressione del regista Giovanni che porta Paola a lasciarlo, s’intreccia con il piano del suo film in fieri sospeso tra produttori francesi insolventi e coreani subentranti per evitare di finire nelle braccia livellanti di Netflix.
Una vera commedia terenziana dei giorni nostri che Giovanni-Moretti risolve con un finale da postmoderno deus ex machina immaginando un Sol dell’Avvenire con un Turati che marcia al ritmo di Fellini.
Moretti lancia un assist – nei suoi girotondi preparatori sul monopattino in Piazza Mazzini – per una linea da seguire per salvare la giovane sinistra della Elly Schlein?
Vincenzo Aiello ilnapolista © riproduzione riservata