ilNapolista

Spalletti è sempre stato definito un perdente perché è sempre stato un passo avanti (Libero)

Ecco perché il Napoli è una rivincita: la squadra ha vinto perché è stata “allenata”, nel vero senso della parola.

Spalletti è sempre stato definito un perdente perché è sempre stato un passo avanti (Libero)
Db Udine 04/05/2023 - campionato di calcio serie A / Udinese-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Claudio Savelli scrive di Luciano Spalletti su Libero. L’allenatore del terzo scudetto del Napoli. Il riconoscimento per una carriera lunghissima e per un tecnico spesso sottovalutato a torto. E’ la sua rivincita. Spalletti, scrive, è sempre stato incompreso perché incomprensibile, ma questo è dipeso dal fatto di essere sempre un passo avanti rispetto ai colleghi, in qualunque piazza sia stato.

“Prima di oggi, Luciano Spalletti aveva dato al calcio più di quanto non avesse ricevuto in cambio. Il suo contributo al gioco è sempre stato sottovalutato, forse perché siamo italiani e diamo più peso all’apparenza che alla sostanza, e nei modi il mister è stato troppo genuino per un mondo così furbo. La verità è che Spalletti è sempre stato incompreso in quanto incomprensibile. Perché è sempre stato un passo avanti. Fin dagli inizi della sua carriera da allenatore ha proposto qualcosa di diverso, qualcosa di più. Un po’ per una passione smisurata e quasi morbosa alla materia, cosa che lo accomuna a Pep Guardiola, un po’ per indole personale. Luciano, per dirla alla Sabatini, è «un dirimpettaio della follia»”.

Già alla fine degli anni ’90, quando ha iniziato ad allenare, Spalletti ha capito che non bastano i grandi giocatori, quelli non durano, serve il gioco.

“a differenza del calcio stesso, non si è fatto ingannare: i grandi giocatori non sarebbero durati, serviva il gioco”.

La sua Roma, in particolare, “fu rivoluzionaria“.

“Spalletti fu il primo a standardizzare il 4-2-3-1 come modulo. Fu anche il primo a usare il cosiddetto “falso 9”, che poi era Totti: non proprio un centrocampista come fece Guardiola in seguito, ma una seconda punta spinta in avanti con un incursore alle spalle (Perrotta) in grado di inserirsi negli spazi vuoti. Un’anticipazione della rivoluzione che verrà nel decennio successivo. La sua prima Roma è l’unica squadra di queglianni che potrebbe giocare nel calcio cibernetico e complesso di oggi senza sfigurare. Ma siccome arrivò seconda per tre volte, affibbiò al mister l’etichetta di primo dei perdenti. Ecco perché il Napoli è una rivincita”.

Per arrivarci, Spalletti è passato dallo Zenit, di nuovo dalla Roma e dall’Inter.

“Purgatori. E naturalmente sono stati sottovalutati i risultati ottenuti con tutte e tre”.

Si vede che il tecnico è arrivato dalla Serie C, scrive Savelli

“perché non si è mai fatto trascinare dalle squadre che ha allenato ma, al contrario, ha dovuto spingerle oltre il loro livello. Come? Allenando. Nel più stretto senso del termine. In prima persona, in campo, con le scarpe da calcio ai piedi. Le ha portate in panchina per tutta la stagione. Il Napoli vince perché è stato “allenato”, nel vero senso della parola. È una formazione innovativa perché mette a sistema la ricerca dello spazio nella contemporaneità, non più tra le linee ma tra gli uomini. Di nuovo, una creatura di Spalletti che porta il calcio un po’ più in là”.  

ilnapolista © riproduzione riservata