Al CorSera: «Essere una piccola star era complicato. I ragazzini possono essere feroci. Venivo vista come quella diversa»
![Vanessa Gravina: «A 8 anni fui bullizzata da compagni e insegnanti per la copertina su Vogue» Vanessa Gravina: «A 8 anni fui bullizzata da compagni e insegnanti per la copertina su Vogue»](https://www.ilnapolista.it/wp-content/uploads/2023/05/Vanessa-Gravina_Image-Sport-e1683792195291.jpg)
Il Corriere della Sera intervista Vanessa Gravina, attrice e regista teatrale. Ha debuttato nel mondo dello spettacolo quando aveva soltanto 6 mesi, come protagonista di una pubblicità di passeggini per Carosello, in uno spot firmato dal regista Paolo Taviani.
A 11 anni Vanessa Gravina debutta al cinema, nel film “Colpo di fulmine”, diretto da Marco Risi, accanto a Jerry Calà («il quale, fra l’altro, non avendo studiato bene il copione, a volte si dimenticava le battute e io, un po’ maestrina, gliele suggerivo!»). A 12 anni recita nel ruolo della figlia di Gianni Morandi, nella miniserie “La voglia di vincere”, diretta da Vittorio Sindoni, a 13 anni viene scritturata nella Piovra 4 al fianco di Michele Placido. Vanta anche una copertina su Vogue, quando era ancora a scuola. La Gravina racconta il bullismo a cui la sottoposero i compagni di classe.
«Quando la mia immagine comparve sulla copertina di Vogue, i miei compagni di scuola me la fecero trovare sul banco tutta storpiata con vari segnacci: mi disegnarono i baffi, le occhiaie, i brufoli… Avrò avuto 7 o 8 anni e rimasi molto male. Ero un’ingenua e fino a quel momento non sapevo cosa fosse l’invidia. Non è vero che i ragazzini non sono invidiosi, possono essere feroci. E aggiungo che sono stata spesso bullizzata. Il bullismo non avviene solo nei confronti di persone con problemi fisici, ma anche nei riguardi di chi ha successo… e io ero carina e pure famosa…».
Un’infanzia quasi non vissuta, Vanessa Gravina è stata chiamata subito alle responsabilità.
«Sono periodi della mia vita che mi sono mancati per il senso di responsabilità che ho sempre nutrito nei confronti del lavoro e poi perché mi piaceva quello che facevo, e mi piace tuttora. Essere una piccola star era complicato: venivo vista come “quella diversa”, che non aveva tempo di giocare, che partiva per i set, e il rapporto con i coetanei è stato molto tosto. Vivevo costantemente in mezzo agli adulti, gente figa, certo, che mi apriva la testa, ma poi tornare nella pipinara dei compagni era dura…».
Poche amicizie tra i compagni («Mi sono sentita un’incompresa, una poveraccia, ne ho sofferto immensamente») ed un cattivo rapporto anche con gli insegnanti.
«Ho subito delle discriminazioni anche da loro. Alcuni mi apprezzavano perché capivano il mio impegno nello studio, anche nelle materie che non erano le mie preferite. Altri non tolleravano il mio lavoro extra scolastico. Dicevano: oddio, questa ragazzina ha degli atteggiamenti troppo da adulta… e ho patito delle ingiustizie».
Vanessa Gravina ha scelto, come sport, la boxe.
«Il pugilato non è semplicemente uno sport, è una disciplina con cui l’energia fisica si trasferisce nella mente e, direi, persino nell’anima. È una passione che ti dà il totale controllo di te stesso. E pensare che, la prima volta che mi proposero di praticare la boxe, mi tirai indietro: mi sembrava un’attività troppo fisica, uno sderenamento disumano. Inoltre non amo molto le palestre, dove la gente si pompa i muscoli con i pesi. Con il tempo ho capito che il pugilato poteva aiutarmi a calibrare le mie risorse e, praticandola ormai da anni, mi sono accorta di avere una forza che proviene da una rabbia interiore».
Parla della sua rabbia:
«Durante il mio percorso esistenziale, privato e professionale, ho dovuto tenere a bada molti drammi, storie d’amore private poco fortunate e torti subiti, ma ho incamerato, sono un’incassatrice e sono andata avanti: non mi sento di attribuire colpe a nessuno, sono artefice di tutti i miei sbagli, non credo nella fortuna e nella sfortuna. La boxe è uno sfogo contro le insoddisfazioni e anche i miei difetti, mi insegna a difendermi, attaccando l’avversario calibrando i colpi. Un ottimo meccanismo di confronto».
Come religione, invece, Vanessa Gravina ha scelto il buddismo.
«L’ho scelto in un momento particolarmente difficile della mia vita e ho trovato un rifugio: il mantra buddista è una sorta di formula magica, spazza via certe paure, le insicurezze, il terrore dell’abbandono… ti insegna il distacco dalle cose. La vita umana è caduca».