È l’eroe improbabile di una serie playoff dai contorni irripetibili. Con i suoi gol contro il Foggia ha riportato il Lecco in Serie B. Ha 38 anni
Incredulo, scioccato, allampanato. Solo una volta assalito da un’orda di tifosi, Franco Lepore si rende conto che il destino ha scelto lui, per una di quelle storie che poco c’entrano col calcio misurato e pettinato degli anni 2020, quello in cui non sembra esserci spazio per la normalità, ma solo per gli eccessi, positivi e negativi.
Solo le lacrime rompono la parete dell’incredulità. Il Lecco partiva ben lontana dal miraggio Serie B. Eppure, se ai nastri di partenza della cadetteria 2023/2024 ci saranno pure i lombardi del ramo del lago caro a Manzoni, lo si deve soprattutto a Franco, colui che ha trasformato il miraggio in realtà.
Che dire di Lepore. Franco è stato un giramondo, un trasfertista, un uomo affamato di pallone che ha rincorso la sua carriera su e giù per lo stivale, in cerca di un posto dove piantare le radici. La B è sempre stata vissuta di riflesso, una volta raggiunta. Così è successo nella sua Lecce, che lo aveva scartato da ragazzino perché troppo basso, tornatoci quando i giallorossi brancolavano in Lega Pro, trascinati in B nel 18/19 e prima abbandonato in panchina, da capitano, nell’anno della promozione in A, poi lasciato al suo destino una volta scavallata la categoria. Lo stesso a Varese, negli anni in cui i biancorossi di Sannino partecipavano ai playoff. Quella tanto agognata Serie A, ad un passo dall’essere afferrata seppur da comprimario, svanita sotto le unghie.
A 38 anni e 440 presenze tra B e C, dopo un passato alla Nocerina, al Vicenza, alla Triestina, alla Pergolettese e pure al primo Monza della gestione Berlusconi, la chiamata del Lecco appariva come il canto del cigno, l’ultima se non una delle ultime stagioni in C, a fare quel che Franco è sempre stato abituato a fare, fin dai tempi in cui si divideva tra campo e fabbrica, da ragazzino: sacrificarsi.
Ha giocato terzino destro, esterno alto in un centrocampo a cinque a destra e a sinistra, braccetto nella difesa a tre, interno di centrocampo, ovunque ci fosse bisogno di fosforo ed esperienza. Poi sono arrivati i playoff, da terzi classificati, nonostante non fossero certo nel novero delle papabili ai nastri di partenza. Oltreoceano, sono considerati un altro sport rispetto alla stagione regolare, per le pressioni, per l’elevarsi dell’agonismo, della posta in palio.
Lepore ha così deciso di deporre l’armatura da soldato semplice e si è vestito da generale, o, meglio ancora, è il destino che ha deciso così, di eleggerlo a suo paladino. È il destino, sotto le mentite spoglie di mister Foschi, che lo sceglie come ultimo rigorista della serie contro il Cesena. È sempre lui che all’85esimo gela gli occhi e il cuore di Pio e Amedeo con una punizione magistrale che non lascia scampo ad un incolpevole Domingo nell’andata della finale. Al ritorno, invece, chiude i conti con una doppietta.
Gioco, partita, incontro, storia. Il Lecco è in B dopo 50 anni, Lepore è il giocatore dalla carriera normale, che dopo anni di fango, di contratti rincorsi per amore del pallone e di traslochi, diventa l’eroe improbabile di una serie playoff dai contorni irripetibili. È la storia di chi si è sempre fatto trovare pronto, pure quando è stato il destino a convocarlo come suo alfiere, a sceglierlo come ospite dell’ascensore alla gloria.
Si vive per momenti come questi, beato chi riesce a goderne, come Franco Lepore, la normalità a servizio degli dei del pallone.
✍ Davide Z.