Anche se neanche loro si rassegnano alla realtà. Il dato più preoccupante è che non lo fa neanche l’azienda calcio ancora lontana da un’analisi della crisi
Ormai sono diventato un accurato seguace di tifosi su YouTube. La startup su cui stiamo lavorando ormai da un anno è tutta basata sul contenuto e ho passato giorni e notti sulle piattaforme. Quello che ho visto è una decentralizzazione totale dell’informazione, dove le news si pizzicano un po’ di qua e un po’ di là, e chiunque si può costruire la propria esperienza personale.
Ne posso consigliare alcuni, gente che ha 10mila follower, eh, praticamente più lettori di tanti giornali. Il Milan ha – a parte il classico Pellegatti – Rinaldo Morelli e Antonio Vitello. Per l’Inter i miei preferiti sono Alessandro Cavasinni e Fabio Bergomi. La Juve ha uno che odia Allegri che si chiama Simone Avsim.
Sono tutti un po’ attori, un po’ veri ma la cosa è che almeno sono riusciti a distruggere il dominio paludato dei giornali sportivi che ormai hanno perso ogni velleità di dare notizie. Gli YouTuber li denunciano, criticando per esempio la Gazzetta per i suoi titoloni roboanti senza senso e senza “gambe.” Certo, anche loro fanno un po’ gli increduli (c’è un’espressione che mi fa impazzire: “giocatore da Milan, Inter, Juve” oppure “il posto che compete per storia, blasone, etc…”) perché in fondo in fondo vorrebbero tornare ai tempi di Berlusconi e Moratti, quando le squadre di premier League erano loro, e i campioni rimanevano in serie A (per amore della squadra, ovviamente, non perché i presidenti-tifosi pagavano gli stipendi migliori). Ma almeno loro non mentono ai follower, lo dicono che la pacchia è finita. La Gazzetta già fa i titoloni per Frattesi per cercare di indorare la pillola.
Quello che manca agli YouTuber tifosi è il quadro d’insieme. Il livellamento verso il basso del calcio italiano ormai è un dato di fatto. È iniziato quando le squadre forti italiane, invece di comprare all’estero, compravano i giocatori forti delle squadre scarse. Ora siamo al punto in cui anche i giocatori forti di squadre scarse vanno all’estero. I diritti televisivi sono distribuiti male in Italia, ma anche in questo contesto i 30 milioni che il Milan prende più del Napoli non fanno differenza. Ormai nessuna squadra può avere un monte ingaggi troppo più alto delle altre, e infatti la Juve ha dovuto falsificare i bilanci.
Anche le squadre italiane nelle finali di coppa quest’anno sono parte della statistica. Come una volta quando ci andavano le portoghesi e le francesi. Se la Serie A è il quarto campionato d’Europa e per 6 anni non manda una squadra nemmeno agli ottavi (con poche eccezioni), un anno di “outlier” in cui le squadre fanno risultati europei è nella norma. È come la Borsa che 6 anni su 10 va su dal 5 al 10%, 2 anni va su del 15% e due anni va giù del 10%. Ma tanto vallo a spiegare ai giornalisti sportivi italiani che esiste la statistica…
In conclusione – quando in un’azienda si commettono degli errori, c’è un processo di analisi che di solito conduce a dei cambiamenti. I vertici del calcio dovrebbero analizzare i problemi (stadi vecchi, regole incerte ed oscure, ripartizioni di risorse ingiuste, mancanza di professionalità) e cercare soluzioni. Nell’azienda calcio italiana, questo processo non è nemmeno mai iniziato né si sa se mai inizierà.
P.s.
Vorrei spiegare la storia di Moneyball così ci chiariamo le idee.
Moneyball nasce come metodo di lavoro innovativo nel 2001 (vent’anni fa) perché una franchigia di baseball squattrinata vuole trovare un modo più efficiente di costruire una squadra vincente. Come tutte le “startup” vincenti, nasce da una necessità. Invece di basarsi sul fumoso intuito degli scout, Billy Beane assume un economista per utilizzare criteri “oggettivi” – statistiche passate – per scegliere giocatori sottovalutati (lo fanno gli analisti di borsa, per esempio, quando cercano di trovare “value stocks”)
Come sempre succede negli Stati Uniti, un metodo innovativo e vincente viene tendenzialmente adottato da tutti, e alla fine il vantaggio competitivo acquisito da Billy Beane si esaurisce.
Questo per dire che ormai le statistiche (e gli algoritmi che servono ad aggiustarle, detto in modo molto crudo) sono utilizzate in tutti gli sport di squadra da almeno 10 anni per scegliere i giocatori migliori o più funzionali. Non è una novità rivoluzionaria e non vuol dire che il Milan ha preso un computer al posto di Maldini.