Giudice: “la Premier fattura 6,4 miliardi, la Champions 5. E se i sauditi investissero 20 miliardi? I governi allora insorsero, oggi cosa pensano di fare?”
La minaccia araba è peggio della Superlega, di molto. Ne scrive Alessandro Giudice sul Corriere dello Sport.
Il campionato saudita potrebbe entrare in diretta concorrenza coi campionati europei Big Five, forse perfino con la Champions.
Tuttavia, la differenza fondamentale tra la lega araba e i campionati tradizionali risiede nel fatto che in Europa i rapporti competitivi sono regolati da logiche di impresa, costi e ricavi. I club dei campionati occidentali sono società di capitali in cui gli investitori cercano un ritorno finanziario seppure, ormai da anni, questo tipo di capitali in cerca di rendimento coesiste coi fondi sovrani di stati nazionali come Qatar e Abu Dhabi.
Supponiamo che i sauditi arrivino a investire 20 miliardi (quanto l’intero fatturato del calcio europeo) nell’acquisizione di campioni. Supponiamo che tutti i giocatori del calcio europeo finiscano per accettare le proposte, poi che un gigantesco effetto band-wagon porti tanti altri (magari non interessati, per ora, alla relocation) a spostarsi per andare dove giocano i grandi. Qualcuno può escluderlo, tra qualche anno?
Ma come può il calcio europeo – e questo è il punto – assistere inerme, non solo al saccheggio di campioni, ma allo svuotamento della capacità attrattiva grazie alla quale la Premier fattura 6,4 miliardi e la Champions quasi 5?
Quando si palesò il progetto Superlega, i dirigenti del calcio europeo alzarono le barricate. Cosa pensano di fare oggi, al cospetto di una minaccia ancora più temibile, perché proveniente non più dall’interno del continente europeo, ma da fuori? Tutto sommato la Superlega era un fenomeno endogeno mirante a sostituire un gruppo di potere (l’Uefa) con un cartello di operatori commerciali tra i più potenti dell’industria. Ora siamo di fronte a un competitor esterno impossibile da arginare con mezzi convenzionali. Contro la Superlega scesero in campo i governi: in 24 ore le cancellerie (soprattutto il numero 10 di Downing Street) si mobilitarono, imponendo alle società dei rispettivi paesi di abbandonare la secessione. Il calcio è un fenomeno popolare di massa, si disse, di cui non possiamo permettere la destabilizzazione per l’interesse economico di pochi. Cosa pensano di fare oggi i governi?