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“Napoli stanca”, diciassette scrittori raccontano la città nascosta

Una raccolta di racconti che hanno come tema conduttore Napoli, curata da Mirella Armiero, per la casa editrice Solferino

“Napoli stanca”, diciassette scrittori raccontano la città nascosta

Ciclicamente si crea la possibilità di raccontare Napoli narrativamente come per aggiornare un catalogo di una libreria attenta alle novità narrative. Pochi giorni fa la casa editrice Solferino ha dato alle stampe “Napoli stanca (pagg. 320, euro 18.50)” una raccolta di racconti che hanno come tema conduttore Napoli, curata dalla collega Mirella Armiero, che nella sua prefazione al testo “Un libro collettivo nato in un giardino” ne spiega la genesi. Il risultato è un catalogo di voci – spesso lontanissime per temi, generi e tematiche – che tengono insieme “17 scrittori – che raccontano la città nascosta”.  La 50enne scrittrice napoletana Benedetta Palmieri in “Tutto il resto è palcoscenico – nella partizione, ‘Una linea di fuga come premessa’ -” ci racconta di tutte quelle cose che vorrebbe su Napoli non si parlasse più: ma conclude denunciando la mancanza di innocenza di ognuno di noi sulla Città.

Nella seconda partizione – ‘Ricognizioni. Un vulcano dipinto fuma lieto’ – sei autori ruotando attorno all’ombra del Vulcano ci parlano di tante Napoli. In “Gente di campagna” lo scrittore Gianluca Nativo ci parla della periferia nordest di Napoli – “troppo distante dal mare, troppo distante dalla città” – che è stata la sua terra prima di trasferirsi a Milano e che ritrova per una breve visita concludendo che al di là di ciò che si è costruito al Nord c’è la propria identità e “che non c’è nulla di male a essere semplice gente di campagna”. Sfizioso il racconto del 51enne Athos Zontini “Sulle scale” che ci introduce nella terra di nessuno del Petraio dove i residenti cercano di resistere al burocratico attacco della impersonale Pubblica amministrazione e concludono che in fondo resistere è mantenere un equilibrio di lotta. Il 49enne scrittore Einaudi, Gianni Solla – “Sia con il tram che con il ciuccio” – ci racconta di quell’incavo di residenza e periferia che è San Giovanni a Teduccio tra tradizioni popolari e voglia di emergere socialmente attraverso il teatro Nest con l’esempio riuscito di Francesco Di Leva, attore famoso ex panificatore. In “Nel petto un Vesuvio” il 44enne scrittore-magistrato Eduardo Savarese cerca la cognizione della presenza del Vesuvio a Napoli cercandola tra i versi di opere famose, amici che non ci sono più e ricerca di una fede nuova in una scelta di differenza. In “Terra di fiori”  il 59enne scrittore Diego Lama abbandona il suo preferito romanzo storico e ci porta a conoscere il mercato dei fiori di Ercolano disvelandoci uno spazio di lavoro originale ed anche il suo tentativo di ucciderlo nella soppressione post-terremoto dell’area di Taverna del Ferro da parte di una politica distruttivamente egualitaristica. Conclude la partizione il 42enne scrittore e sceneggiatore Beppe Fiore con il suo “Bagnoli è un’isola” vero e proprio reportage narrativo che partendo dalla dismissione di Ermanno Rea ci porta a conoscere sacche di resistenza di un quartiere che tenta con la bonifica di trovare la sua naturale vocazione al mare non dimentico della sua identità.

La terza partizione ” Indagini narrative. Pulcinella graffia ancora ma non morde” inizia con il racconto dell’attore Fortunato Cerlino – “Ar yu tocching ttu mi? (La comparsa)” – che ci racconta della vita minima di una comparsa pseudo-gomorresca. La 57enne poliedrica scrittrice Vincenza Alfano in “Chi può metta e chi non può prenda” disegna una Napoli che dal 1986 ali giorni nostri cerca di rapportarsi con gli ultimi – vecchi e nuovi – con il linguaggio della solidarietà dettato dal brocardo del medico degli ultimi. Diverso – e grottesco – il racconto del 45enne Angelo Petrella – “La stagione degli amori” – noto giallista e sceneggiatore, che disegna – nella storia di un padre chirurgo raccontata da un figlio -, una Napoli che ci ha ricordato una borghese “Nel corpo di Napoli” di Pino Montesano. Conclude la terza partizione il trentenne scrittore-libraio Davide D’Urso che nella ricognizione di molte vite salvate dalle parole scritte disegna una riflessione sull’abbandono della politica da parte degli intellettuali.

La quarta e penultima sezione – “L’incanto e il disincanto: smascherare la città” – è aperta dalla 43enne scrittrice napoletana Fuani Marino che, in “Contro Napoli”, nel cambiamento di panorami delle sue peregrinazioni abitative per la città disegna ortesianamente a che punto sia giunta la “foresta vergine” dell’immagine dell’autrice de “Il mare non bagna Napoli”. In “Della personale  infanzia del rap napoletano” quel genietto del 37enne scrittore Alessio Forgione ci racconta nella personale storia del suo protagonista che trova identità nel primo rap integralmente partenopeo come si possa trovare identità personale nella creazione artistica che ti mette a nudo e ti rappresenta. Il 57enne Maurizio Braucci in “Gli adolescenti di Napoli e la barbarie” disvela pasoliniana mente cosa c’era dietro i raid che posse napoletane di uagliuni operavano attorno al 2004-5 nei confronti dei loro coetanei dei quartieri bene. Conclude la partizione il 44enne Massimiliano Virgilio che nel suo “Non solo gli artisti si uccidono” ci racconta dei destini personali di chiusure di un gruppo di ragazzi nel postcovid che trovano nella voglia di una dimensione artistica vitale il coraggio per non uccidersi socialmente.

L’ultima partizione “Dalle nebulose lontane” – ci narra – con “ ’O Duomo mio”, scritto dal 48enne Cristiano de Majo – l’esperienza di napoletanizzazione di quartieri milanesi come l’Isola. Dulcis in fundo il 38enne scrittore Marco Marsullo che nel godibile “Il Reame germanico semi-indipendente della Repubblica distaccata di Napoli” disegna la scelta di un napoletano ibernato che si trova a vivere – cent’anni dopo – in una Napoli che decide di abbandonare perché non più sua.

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