A France Football: «Non lo conoscevamo, abbiamo scoperto una persona ruvida e brutale, prepotente. Siamo rimasti scioccati».

Il trequartista del Marsiglia, Dimitri Payet, ha rilasciato una lunga intervista a France Football. Con Tudor in panchina, Payet ha giocato pochissimo, tanto che la prima domanda che gli viene rivolta è: rimpiangerai Igor Tudor? Payet risponde:
«Non è il primo pensiero che mi è venuto in mente quando ha annunciato la sua partenza. Ci sarà un nuovo allenatore e non dobbiamo sbagliare perché, in questa stagione, non abbiamo raggiunto gli obiettivi prefissati, che erano quelli di qualificarci direttamente per la Champions League. Anche la Coppa di Francia era un obiettivo raggiungibile».
Stai insinuando che il Marsiglia ha perso la sua stagione?
«È una grande delusione, abbiamo fallito in tutti i nostri obiettivi. Abbiamo avuto l’opportunità di puntare a qualcosa di eccezionale, in campionato, in Coppa di Francia ma anche in Champions League passando la fase a gironi per la prima volta da anni».
Payet dice che il problema del Marsiglia è la mancanza di identità.
«Quello che ci manca è un’identità. Lo vediamo altrove: l’allenatore cambia, l’identità rimane e i giocatori la assorbono. Dobbiamo capire, quando firmiamo per il Marsiglia, che ci sono dei doveri, che ci deve essere un rispetto per la storia di questo club e una mentalità, indipendentemente dall’avversario».
Payet parla della differenza tra trasferte e partite in casa, ipotizza che qualcuno dei suoi compagni avverta troppo la pressione dei tifosi.
«Quest’anno, ho avuto il tempo di osservare dalla panchina. Sono stato assorbito dall’atmosfera, dai tifosi e ho pensato tra me e me: “Siamo davvero in una fase da psicopatici. Non è normale aver perso così tanti punti in casa”. È qui che i vecchi come me devono aiutare i nuovi. A volte ho l’impressione che alcuni dei miei compagni preferiscano giocare in trasferta, perché hanno paura del Velodrome, mentre sono gli avversari che dovrebbero temere di venire da noi. Fuori, alcuni si sentono più liberati. Questo non è normale. Abbiamo un pubblico esigente, sì, ma se ne abbiamo paura non dovremmo venire a Marsiglia».
Payet ringrazia i tifosi per il supporto che gli hanno sempre mostrato.
«Voglio ringraziare i tifosi per tutto l’amore che sono stati in grado di darmi in questa stagione. Se non fosse stato per loro, avrei mollato, perché la stagione è stata molto dura moralmente per me. Senza il loro supporto avrei potuto perdere la testa, ad un certo punto».
Tudor ha spesso elogiato pubblicamente il tuo carattere, ma ha anche detto che non sei stato tagliato per il suo stile di gioco. Payet:
«Non lo so. Ho rispettato le sue scelte per tutta la stagione. Eppure, avrebbe potuto usarmi un po’ di più. In ogni caso, lui aveva le sue idee, io non entravo nei suoi piani ma mi sarebbe piaciuto, a volte, se si fosse fidato un po’ di più di me. Ecco dove è stato difficile moralmente. Sono uscito da un sacco di partite frustrato. Sono sempre stato titolare nella mia carriera, non ero abituato a questo, non è stato facile».
Del resto Payet non aveva iniziato benissimo il suo rapporto con Tudor: la scorsa estate aveva avvertito i dirigenti del club dei metodi dell’allenatore italiano e aveva spinto per un cambio di allenatore solo un mese dopo il suo arrivo. Gli viene chiesto se, in quell’occasione, è stato il portavoce del gruppo o se è stata una questione personale.
«No, non sono stato un portavoce del gruppo. Non lo conoscevamo. È vero che nelle prime sessioni e, in particolare, durante lo stage in Inghilterra alla fine di luglio, abbiamo improvvisamente scoperto una persona ruvida e brutale. Nel suo modo di essere, nelle sue parole. Era prepotente. Era completamente diverso ovviamente da Jorge Sampaoli. Siamo rimasti un po’ scioccati. Dopo di che, ogni allenatore arriva con nuove idee, un nuovo modo di giocare, ma non dovrebbe togliere il lato umano. Possiamo parlare tranquillamente senza avere ordini tutto il tempo. E’ stato allora che il gruppo è rimasto sorpreso perché nessuno era abituato a questo. Per quanto mi riguarda, tutti sanno che sono una persona emotiva, quindi non ho più bisogno di avere un rapporto con un allenatore che sia “fratello” o “padre”».
Da allora Tudor è cambiato o è stato ancora più duro? Payet:
«Con il senno di poi è stato molto duro, anche esageratamente duro, all’inizio per segnare il suo territorio, per impostare le cose. Poi è andata un po’ meglio. Non bene, no, ma meglio, è stato un po’ più flessibile».
Tudor ha lasciato a Payet la fascia da capitano. Come si può essere un capitano senza giocare?
«È quasi più semplice. La tua analisi è più accurata quando vedi le cose da bordo campo. Poi ero lì anche per occuparmi degli infortuni dei giocatori, per parlare con loro quando le cose non andavano bene. Questo è quello che ho detto a mia moglie: “In questa stagione mi sono preso cura di tutti, tranne me!”, anche se non stavo molto bene».
Un capitano non perde la legittimità non giocando?
«No, perché sono molto vicino a tutti. La maggior parte sono amici, più che compagni di squadra. Sanno che non parlo molto, ma quando urlo è perché c’è qualcosa che non va, come dopo la partita di Brest. Mi è successo quattro, cinque volte in questa stagione di arrabbiarmi».
Hai 36 anni, hai ancora un anno di contratto. Questa stagione complicata ti ha fatto venire voglia di interrompere la tua carriera? Payet:
«No. Ho sempre detto che mi fermerò quando il corpo non seguirà più».
E questo non è il caso?
«Beh no, ho appena preso un anno sabbatico, sono in gran forma!».
E per il futuro, Payer si vede come allenatore. Gli viene chiesto da quali allenatori trarrebbe ispirazione.
«Da tutti. Anche da Tudor. Tutti mi hanno insegnato qualcosa».