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Un cristianesimo senza Juventus, è la rivoluzione del cardinal Gragnano

Umorismo e filosofia nel pamphlet di Pompeo Di Fazio “Gesù Cristo non era juventino”. La rivalità tra il cardinale e il vescovo Venale (bianconero)

Un cristianesimo senza Juventus, è la rivoluzione del cardinal Gragnano
Il cardinale Francesco Gragnano ha una fede terrena e un cruccio ultraterreno. L’uomo ama visceralmente il Napoli: sotto le vesti dell’alto prelato pulsa un cuore azzurro. Guarda le partite da solo: si agita, trepida, si alza dalla sedia, cammina in maniera convulsa avanti e indietro, fuma come un ossesso, trattiene a stento qualche imprecazione. Alla fine, esausto, si accascia sulla sedia e se il Napoli ha perso osserva il lutto stretto fino alla gara successiva. Naturalmente Gragnano non sfugge all’assioma calcistico che se si è tifosi del Napoli si è contemporaneamente fieri avversatori della Juventus, madre sempre incinta di tutte le ingiustizie sociali e sportive. Per cui il cardinale a ogni gara dei “non colorati” si siede davanti alla tv e comincia la sua personale macumba all’indirizzo dell’odiata nemica.
Tuttavia, l’uomo di Chiesa tra una partita e l’altra legge con ansia crescente i rapporti che il suo braccio destro, il vescovo piemontese Massimo Venale, gli sottopone. Il Cristianesimo è in crisi profonda e si avvia senza rimedi verso il coma irreversibile. Sta perdendo forza e credenti, anche nelle storiche roccaforti del Sudamerica. E a nulla è valsa la spettacolare controffensiva tecnologica varata dal Vaticano per inondare tv e social.
Gragnano è una delle eminenze grigie della Santa Sede, responsabile occulto della tutela della dottrina della fede. Tocca a lui fare in modo che il Cristianesimo resti vivo nelle coscienze della gente senza dimenticare che insieme all’aspetto spirituale va alimentato pure il gigantesco giro di affari che ruota intorno allo stato più piccolo del pianeta. Bisogna quindi rinvigorire il messaggio di Cristo. Ma come? Lo spiega nel suo ultimo, godibilissimo, pamphlet Pompeo Di Fazio, funzionario pubblico, giornalista pubblicista, tifoso fino al midollo del Napoli al pari del cardinale. Ci vuole un Cristianesimo diverso che sappia coniugare il potere di trascinamento del calcio all’efficacia di un nuovo rivoluzionario messaggio religioso, come sintetizza l’intrigante titolo del libro: «Gesù Cristo non era juventino. Principio di un Cristianesimo ricondizionato», 116 pagine, edito da Albatros. Di Fazio, unico tifoso del Napoli in terra di Ciociaria, ci ha riprovato. Dopo «Aboliamo la Juventus», ecco un raffinato lavoro, che non disdegna qualche passaggio di sano umorismo, nel quale si scomodano con cognizione di causa fior di filosofi per individuare il percorso teologico attraverso il quale reinterpretare il Cristianesimo su base popolare.

I dati in possesso del cardinale sono scoraggianti, anche l’ultima ricerca commissionata dalla Santa Sede certifica che il Cristianesimo non sfonda più tra i fedeli. Gragnano ascolta il pragmatico Venale, per il quale i soldi sono l’unica cosa che conta, snocciolare i dati e con le lacrime agli occhi, si lascia sfuggire: «Sicuramente Gesù non era juventino». Cerca conforto e pentimento per la frase azzardata e si rifugia a San Pietro per meditare davanti alla Pietà di Michelangelo. Una voce lo scuote, è quella di Gesù, che si rivolge proprio a lui: «Dio è morto. L’hanno ucciso gli uomini. Gli uomini juventini». È il lasciapassare per proseguire nel suo progetto di fede riadattata. “Gesù non era juventino” è il nuovo possibile postulato del Cristianesimo ricondizionato. Rivela al vescovo Venale il nuovo cammino. Quest’ultimo è seriamente preoccupato perché sta investendo idee e risorse con alcuni soci occulti sul progetto di una rivoluzionaria “Superlega delle indulgenze” per risollevare i profitti di San Pietro. Per lui conta la sostanza. Comincia ad allargarsi il solco con l’amico di sempre, ma a tutto c’è un limite.

Gragnano raggiunge i luoghi di San Tommaso per raccogliersi in meditazione tra Arpino, Aquino, Roccasecca e Montecassino dove, suo malgrado, sono tutti juventini. E infatti l’Angelico dottore, anti juventino ante litteram, perché squarciò il velo del pensiero e delle abitudini dominanti, si rivela la chiave di volta filosofica per costruire un Cristianesimo ricondizionato del no alla Juventus. Quando ritorna alla Santa Sede convoca Venale, appena uscito da una serie di incontri per pianificare i progetti da introdurre nei Fondi Pnrr e nel Giubileo. Quando si vedono, Gragnano è un fiume in piena e spiega al suo collaboratore le basi del nuovo Cristianesimo e sarà San Tommaso l’emblema dell’anti juventinità. Non ha più dubbi: ne parlerà al Santo Padre e anche al presidente del Consiglio. Venale lo guarda basito e pensa di fermarlo. Si stanno scontrando due visioni della vita e della religione, come una partita tra Sacchi e Trapattoni. L’epilogo del confronto tra i due è sorprendente. O forse no. Perché è così che tutto deve scorrere.
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