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Vittorio Feltri: «La libertà di un giornalista si misura dalla busta paga»

Il Corsera lo intervista per i suoi ottant’anni: «Raddoppiai le copie del Giornale e Berlusconi mi cedette il 7% dell’azienda, mi ha fatto diventare ricco»

Vittorio Feltri: «La libertà di un giornalista si misura dalla busta paga»

Vittorio Feltri compie ottant’anni. Fabrizio Roncone lo intervista per il Corriere della Sera:

Stai per lasciare Libero, se ho capito bene.

«Sì, sto per tornare al Giornale, che sarà diretto da Alessandro Sallusti. A me hanno proposto di tenere l’omelia della domenica, e di gestire una “stanza”, tipo quella di Montanelli».

Per spostarti hai chiesto un aumento agli Angelucci, i nuovi proprietari?

«No. Ma ho preteso lo stesso stipendio. Che è già molto alto. I soldi mi interessano».

Prosegui.

«La libertà di un giornalista si misura dalla busta paga. Dalla possibilità che hai di andare da un sarto e farti fare un buon abito su misura».

Sai che ci sarà dibattito, su questa affermazione.

«Non me ne frega niente».

Quando è morto Silvio Berlusconi, hai detto: gli sono riconoscente, mi ha fatto diventare ricco.

«Mi chiamò al Giornale dopo Indro. Vendevano 115 mila copie. Dopo 2 anni, eravamo a 250 mila. Allora Berlusconi, come premio, mi cedette il 7% dell’azienda, che comprendeva il palazzo dove c’è la redazione, in via Negri. Da quel giorno, non aspettai che di incassare la liquidazione. Con quei soldi ho anche comprato casa a tutti e quattro i miei figli».

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