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C’è vita oltre Osimhen e Leao? La depressione del fantallenatore davanti alla Serie A svuotata

E’ uscito il primo “listone” dell’anno. Tradisce l’inconsistenza del nostro campionato: pagheremo Baschirotto quanto Franco Baresi

C’è vita oltre Osimhen e Leao? La depressione del fantallenatore davanti alla Serie A svuotata
Ci Lecce 09/11/2022 - campionato di calcio serie A / Lecce-Atalanta / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: esultanza gol Federico Baschirotto
Dopo nemmeno un mese di calciomercato Victor Osimhen si sente insistentemente osservato. Tipo il perito industriale Carletti detto il Leprotto, nella scena della caccia di Fantozzi. È uscito il primo “listone” del fantacalcio prossimo venturo (quello della Gazzetta dello Sport), e sulle spiagge italiane a milioni di fantallenatori viene sbattuta in faccia, nero su rosa, l’angosciante realtà: la Serie A ha sì e no tre-quattro nomi spendibili, il resto è una tonnara di gregari che una volta – quando lì fuori era tutta cuccagna – sarebbero rimasti più o meno invenduti o relegati per dignità agli ultimi slot, il fantapurgatorio dei mediocri.
I più sgamati – le facce appuntite di chi il fantacalcio all’università lo faceva in Erasmus, imparando le lingue per emigrare in futuro – stanno trasferendosi nelle ricche leghe di Premier League. Perché l’Arabia Saudita e le sirene inglesi stanno svuotando il già triste bacino di campioni della Serie A. Una sola domanda cuce i cuori sconfortati di milioni di fantallenatori depressi: e mo? Chi compro? Chi è rimasto? C’è vita oltre Osimhen e Kvaratskhelia, Leao e Lautaro?
Reijnders, i figli di Thuram e Weah, tal Houssem Aouar, un certo Valentin Castellanos. Chi erano costoro? Carneade in che squadra gioca? Chi ha studiato ha già puntato i suoi, pronto a spararla grossa alla prima asta (“Ma lei è una iena! E anche un bell’esemplare…”). Ma per i fantallenatori sani di mente (ce ne sono, pochi ma ce ne sono) il “listone” è la prima prova provata dell’inconsistenza molesta del nostro calcio.
Eppure siamo gente zeppa di cicatrici e traumi. Abituata ad abitare un universo parallelo in cui “solo la maglia” è un dogma senza significato. Che ogni domenica regola bioritmi e umori della famiglia in funzione di un mezzo voto, di un assist, un +3. La lotta scudetto? Sì bella, ma vogliamo parlare di quell’ammonizione a Tameze? C’è gente che s’è arresa agli psicofarmaci per molto meno.
È un avvilimento generale, ma silenzioso. Perché anche se ci giocano tutti – i calciatori che si comprano a vicenda e gli stessi giornalisti che poi pagellano ogni maledetta domenica – al fantacalcio vale la prima regola del fight club: non si parla mai del fight club, e del fantacalcio. O, quanto meno, in pubblico non sta bene farsene un vanto, tra adulti: il gioco di ruolo denuncia l’obsolescenza mai avvenuta della più bella pubertà. Poi, al ritorno dall’ufficio, ce ne stiamo inchiodati al divano per il “monday night” (che quest’anno c’è tutte le settimane) tra Frosinone ed Empoli, questuando per un bonus che potrebbe cambiare il destino della faticosa settimana a venire, compagni/e e prole a carico.
Il fantacalcio quest’anno, dovendo scavare tra le frattaglie dei sopravvissuti al mercato internazionale, è impresa da pelo sullo stomaco. Uomini forti destini forti, diceva quel tale. Tantissimi fantallenatori vorrebbero seguirlo nel suo anno sabbatico. Oppure resistere, rassegnarsi all’altra via: turarsi il naso alla Montanelli. in attesa di battere Kvernadze del Frosinone o Oristanio del Cagliari, e di pagare Baschirotto quanto un Franco Baresi dei bei tempi che furono.
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